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Fondazione Gianfranco Ferré – Pagina 7 – Archivio online della Fondazione Gianfranco Ferré

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“Per la mia collezione Primavera-Estate ’81 ho desiderato i tessuti essenziali: un tailleur di gabardine oppure di popeline in alternativa al lino. Una blusa? Di garza a righe, di crêpe tutto blu, tutto bianco. Un top e una gonna per il mare? Di una fiandra di seta peso piuma.

Ho amato i colori base, eleganti così come sono da sempre: marin, bianco naturale, kaki, più il suggerimento di metterli con il marrone “roccia rossa”, con il tabacco.

Ho cercato le “costruzioni-non costruzioni”: tante pieghe piatte, tante cuciture a roulot, tante impunture d’oro o colorate, tanti girimanica tagliati come nei caffettani, tante baschine in forma e asimmetriche nelle bluse come nei blouson di pelle.

Mi piacerebbe che la primavera-estate ’81 segnasse per la moda l’unico riflusso possibile: recuperare la dimensione di comfort, piacevolezza, vitalità, lo scopo primo, insomma, per il quale è nato il vestito. Qualcosa che non sia uno straccio o una coperta da buttarsi addosso. Qualcosa che non faccia nascere in una donna il complesso vestito uguale “status-symbol”.

Mi è piaciuto privilegiare dei “cheek-to cheek” che nascono dalla spontaneità di una donna elegante come il caban di panno blu o bianco con le maniche appena gonfiate da sfondi piega, portato su una gonna pantaloni vagamente marocchina, ma di nappa color cuoio.

Ho voluto restituire al tailleur la pulizia delle giacche senza collo, allacciate a burberry con piatte, sottili pieghe a portafoglio: una volta nel dorso, un’altra lungo le paramonture, le tasche, gli spacchetti.

Ho desiderato i tessuti essenziali: un tailleur? Di gabardine oppure di popeline in alternativa al lino. Una blusa? Di garza a righe, di crêpe tutto blu, tutto bianco. Un top e una gonna per il mare? Di una fiandra di seta peso piuma.

Ho amato i colori base, eleganti così come sono, da sempre: marin, bianco naturale, kaki più il suggerimento di metterli con il marrone “roccia rossa”, con il tabacco .

Ho cercato le”costruzioni non costruzioni”: tante pieghe piatte, tante cuciture a roulot, tante impunture d’oro o colorate, tanti girimanica tagliati come nei caffetani, tante baschine in forma e asimmetriche nelle bluse come nei blouson di pelle.

Ho trasformato i pantaloni: per conservarli come pezzo insostitubile del guardaroba ma levarli dal tunnel del classico, ho reinventato le braghe marocchine, sopra la caviglia, sotto il ginocchio, di folk nemmeno l’ombra.

Ho sfidato la banalità della tuta immaginandola a tagli netti e squadrati come i vestiti che si tagliano nella carta per le bambole.

Ho ceduto a un tocco di adulazione: i vestiti lunghi, di crêpe blu marin, dritti e sexy, con il trucco dell’orlo raccolto, le gambe in vista, lo scollo a punta che si apre in due lunghi revers”.

Gianfranco Ferré

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Linea allungata, rigore geometrico, tagli sapienti, con uno straordinario risultato di morbidezza; colori decisi, fantasie che hanno il profumo, il sapore, i colori dei nostri giardini; capi che si indossano tutto il giorno, ed anche la sera. E poi, anche un po’ di sogno…

Le linee: spalle arrotondate e ridotte, anche se sempre significative; maniche a kimono, ma con tagli particolari; molti colli a cardigan, molti colli classici, soprattutto nelle camicie; ampiezza ridimensionata nelle gonne, che sono assai simili per praticità e funzione ai pantaloni, lunghezze ridotte.

E alla base di questi elementi della nuova collezione, le soluzioni tecniche: pinces scucite, sovrapposte, a triangolo; pannelli; sfondi piega non stirati.

I capi: cardigans e blazers, tailleurs, spolverini-chemisiers camicie e pantaloni; e il beach-wear, grembiuloni, bermuda, body e costumi, accappatoi e tute.

I materiali: shantung di seta mélange impermeabile, lino a righe reso, rigatino di lana, piquet di cotone, spugna, raso di seta; filati di cotone, lino, lambswool e cachemire; suède forato, nappa unita o incredibilmente stampata.

I colori: le sfumature più tenere o più accese delle dalie, dei garofani, delle peonie, dei fiori di giugno che sono anche stampati su crêpe de chine, su popeline di cotone e su morbida nappa.

E poi, qua e là, il bianco, il nero, il blu, i classici.

Gli accessori disegnati da Gianfranco Ferré:

foulards e sciarpe multicolori, dalle forme strane, distribuiti da I PARALLELI;

borse a sacca floscia o divertenti grossi borsellini in pelle stampata, distribuiti da REDWALL;

scarpe da crociera ed espadrillas in tela e nabuk con suola in gomma o bufalo, o colorate decolté con tacco nervato, distribuite da GUIDO PASQUALI.

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“Ogni cosa al suo posto: tutto è ciò che sembra. Il paltò è un vero paltò, la giacca blu una vera giacca, il caban un vero caban. Niente ammiccamenti, e illusioni. Tentativi per nascondere, trasformare, travestire… Per esempio, alcuni trench, alcuni cappotti hanno l’identica base dei soprabiti primaverili. Solo irrobustiti per far fronte all’inverno. Perché non dirlo? Tutto è definito, visibile, evidente. Tutto ritrova lo spirito originale, nascosto dietro elaborazioni, interpretazioni, ripensamenti… Così lo stile diventa più depurato e nitido, disintossicante… Il cardigan a trecce bianco ritorna sulla camicia di seta in tinta e sui pantaloni di flanella. Il cappotto scozzese, ampio e sciolto, nasconde la giacca nera, la camicia a pois bordeaux e marrone… Classico? Meglio definirlo consolidato, senza problemi. Elegante perché naturale. Per questo ho rifatto, con grande piacere, le tradizionali gonne da party: lunghe e strette, di raso nero, o di suède finissima pieghettata. Dedicandole a una donna che ama trascorrere molto tempo in casa, ma da gran regina. Così risolta, matura, ricca di personalità da aver superato l’ansia delle feste, dei ricevimenti, della presenza costi quel che costi. Una donna autonoma, forte al punto di lasciar intuire la sua dolcezza … Penso a Fanny Ardant, per esempio, o a Katharine Hepburn. Come l’hanno consegnata alla memoria certe indimenticabili fotografie”.

Gianfranco Ferré

Il contrasto. Un lampo improvviso di luce sui tessuti pastosi e opachi, con un’elasticità che consente di eliminare le fodere: risvolti di seta trapuntata sui paltò, raso trapunta per i caban dall’interno di castoro. Di sera canottiglia d’argento per sweater all’americana senza maniche: sotto blazer di marocain champagne.

L’eclettismo. Il pullover doppio e morbido che si finge twin-set: lavorato in un solo pezzo perché risulti più “molle”. Il vestito rosso semaforo. Lungo e sottile, molto austero, anche se dallo spacco balena la gamba nuda. Il “tubino” di specchio: guizzante, luminoso, pericoloso: spacco fino al ginocchio, fascia ricamata d’oro inserita a cintura. Il tailleur da sera stile intellettuale francese: gonna lunga e diritta, sciarpa chilometrica intorno al collo e annodata molto bassa, giacca con pieghe sciolte sul dorso. Il paltò, sempre lungo, di marocain bianco, o il cappotto-vestaglia in velluto di seta anni trenta, soffice come una pelliccia.

Il cromatismo. Impressione generale di colori: il marrone (come nero declinato per il giorno) dal cappuccino chiaro al caffelatte, al caffè tostato. Sempre scuro o naturale quando si tratta di pelle e di suède. Zucchero e panna. Blu annebbiato unito al nero carbone oppure al marrone ghiacciato. Un velo di vapore freddo che raggela le sfumature. Argento, un tocco d’oro. Lo stop improvviso del rosso incandescente.

Il nitore. Una silhouette allungata, fluida, dinamica. Spalle rilevate ma asciutte, “magre”. Punto vita segnato, appena sceso verso il basso, spesso sottolineato da cinture annodate a vestaglia. Orli decisamente lunghi: quattro, cinque centimetri più su della caviglia, o decisamente al ginocchio: per certe gonne di flanella grigia, sagomate con tagli che aboliscono l’antiestetico cinturino.

Il gesto. Quello del chiudersi, del coprirsi freddoloso alzando i rever del colletto, accostando bene l’allacciatura. Gesti molto urbani per cappotti da città: il vero Chesterfield con il collettino di velluto; il paltò-accappatoio di camoscio con il collo di teddy color miele; l’impermeabile stile Bogart in popeline di cotone blu con finiture marroni oppure nel classico bianco strapazzato. Gesti insoliti: annodare i risvolti delle giacche, oppure lasciarli spenzolare disinvoltamente all’interno. Come autentiche sciarpe.

La ragione. Semplicità essenziale di pezzi e di formule, così elementari da risultare imprevedibili: il tailleur finestrato a colori chiari (tortora, fango e bianco nebbia) con il gilet bianco e la camicia ipermorbida di georgette. Il gilet lunghissimo e piatto sotto il blazer. I pantaloni maschili con tanto di risvolto, arrotondati sui fianchi e con la cintura abbastanza alta, almeno cinque centimetri. Le niki smisurate. I cardigan a grosse trecce di lana e seta, morbidi e cascanti.

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“Il gioco degli opposti … la luce e l’ombra, yang e ying, uomo e donna … Capovolgere, mescolare, sovvertire la regola per scoprire il principio che quella regola ha creato ..

Quindi utilizzare i tessuti tipici del guardaroba maschile, con la loro tradizione formale, per abiti femminili, senza sospetto di rigore o di severità. E spostare quelli femminili verso una linea sempre più austera. Ricostituire gli elementi classici dell’abbigliamento, gonna, blazer, abito, come una nota ricorrente … Immaginare, per questa donna che si evolve, nuove regole di seduzione. Negati i criteri hollywoodiani, la scollatura si sposta sul dorso. In vista polso e avambraccio. Colli alti e chiusi ( pudore? sfida ?). In rilievo l’incavo appena sotto la vita …

Gianfranco Ferré

La figura ridisegnata. Camicia in fil à fil azzurra da etoniano e gonna di vigogna grigia (ma la camicia è un enorme rettangolo, da stringere sulla schiena con la martingala o da drappeggiare con una cintura a nastro).

Giacca in flanella doppiata nei colori college – rubino, grigio, blu – e gonna di vigogna ferro (ma riscaldata da un enorme cardigan a maglia inglese).

Il paltò lungo a metà polpaccio, molle come accappatoio, senza bottoni, senza chiusura, a falde sovrapposte ma niente colletto, solo una sciarpa di tricot e castoro da ripiegare come l’asciugamano di un pugile).

Le funzioni ritrovate. La robe manteau gessata (ma sotto il trench blu navy).

Il tubino high-society, accollatissimo davanti, scollatissimo dietro, (ma che copre il malleolo).

Il cappotto bon-ton (ma con i risvolti ” paravento ” in castoro).

La sera inventata. La canottiera (ma in cristalli d’oro), la giacca (ma da ufficiale di marina), i pantaloni (ma in principe di galles bordati di ottoman di seta).

Lo smoking (ma la giacca è ampissima e stondata) con la camicia (però completamente aperta sulla schiena).

Il tailleur (ma la giacca è a ruota, in grisaglia di lana, e la gonna di flanella sfiora la caviglia) con la camicia (ma di raso drappeggiato).

I colori impossibili. Blu marine fino al l’azzurro, i bianchi sfatti della gabardine tipo trench, il grigio come nuovo nero ma il taffetà doppia la niki di angora, la grisaglia è doppiata in oro, il panno è doppiato di flanella, il tessuto si raddoppia: tutto è diverso da quello che sembra. Controllare, toccare … )

I lampi di luce: tessuti lucidi vicino all’ opaco, scarpe di vernice nera, una cintura lunghissima – di vernice – da annodare e lasciar libera per segnare il movimento (vedere i futuristi, Man Ray… )

“Le donne, infine, le donne, a cui basta un gesto, una linea, un’audacia nello sguardo, un movimento della persona per divenire qualcosa di affascinante”.

Pierre Reverdy

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Se fosse attrice, sarebbe Barbara Sukowa. Se fosse rock-star, sarebbe Laurie Anderson. Se fosse ballerina, sarebbe Carolyn Carlson. Se fosse scrittrice, sarebbe Lilian Hellman. Se fosse innamorata, sarebbe Fanny Ardant. Una donna volitiva e indipendente. Passo sicuro, sguardo diretto. Capelli bruni, forse, e una faccia disegnata a china. Un’ironia di fondo, una voglia precisa di giocare la partita, qualunque sia, in prima persona.

Inquietante, perchè no? Ieri così decisa, probabilmente severa, in un abito nero e liscio, senza una distrazione.

Oggi, camminando, lo stesso vestito ondeggiava, svelando una ruota, una cappa improvvisa, una fila di bottoni sul dorso. Chi li allaccerà? E il mantello pesante quasi un poncho, sollevando un lembo ha incorniciato le spalle. Quale gesto è più femminile che accostarlo con le mani, indugiando nel sistemare una piega? Faites vos jeux, riprendetevi l’intelligenza sottile della scelta.

Perchè il glamour non è che l’altra faccia dell’intelligenza.

“Ogni donna è racchiusa in una danza di forme, quadrati, losanghe, rettangoli, parallelogrammi di stati d’animo e delizie siderali, armonie sottili e misteri arrendevoli. Sono fatte di luci e di spazi, labirinti e molecole intangibili che possono mutare a seconda di come le si guarda”.

Anais Nin, Il Diario

I colori. Nero, una base multiforme e inquietante. Grigio e beige annebbiati, sordi, sommessi. Spot continui e rabbrividenti di rosso rubino, verde smeraldo cabochon, giallo topazio, zaffiro. Precious stones. Per affinità, più i toni si abbassano, più la forma è avvolgente e il tessuto morbido.

La linea. Uno schema geometrico, ma relativo. Trasformabile intorno al corpo. Un taglio triangolare che gira sulla schiena e diventa sciarpa. Un rettangolo che si dispone in sbieco e si incrocia. Asimmetria, asimmetria. La somma dà l’equilibrio. I pantaloni a spirale si rispecchiano in un collo a roulé, il vestito fa la ruota. Le cappe girano in tondo, ma il lato diventa sciarpa, o cappuccio.

I contrasti. Uno stesso colore declinato in quattro tessuti diversi, velluto, flanella, taffetà, pelle, per uno stesso capo. Il dorso morbido, movimentato da cappe e da pieghe, il davanti spoglio. Le maniche trasformiste: si aprono, ondeggiano. Perfino le toppe, i soliti classici salvagomiti, sono staccate per suggerire plasticità. I colletti, grandissimi, morbidi, spesso di pelo. Tagliati sulla schiena perché si possano alzare fino ad avvolgere il viso.

L’effetto sera. La giacca corta, un lato nero, uno colorato. La T-shirt di georgette. La camicia da Casanova di plissé diritto o incrociato.

I tessuti. Mouflon doppio, mouflon più pettinato, canvas, drapperia tradizionale, flanella, cover-coat, crêpe diagonale, nappa ultramorbida mista a suède e a cavallino, velluto, crêpon di seta, satin.

“Sono andato avanti nella ricerca, pensando a cose più dolci e morbide nelle forme, nei materiali, nei colori. Cose che si trasformassero intorno al corpo, fossero docili, e si prestassero a manipolazioni personali, senza imbottiture, fodere o rigidità. Ho voluto dare alla donna la possibilità di osare e di sfidare“.

Gianfranco Ferré

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Per il prossimo inverno 1980 Gianfranco Ferré propone una immagine femminile assai scattante, nitida nelle linee e nei volumi, suggerita da aspetti molteplici. Contrapposti in modo naturale e spigliato, con un denominatore comune: “dimensione sport” sempre; persino nei momenti eleganti, con glamour, con un pizzico di ironia.

Rifuggendo da schematismi o riferimenti, anche il tema più classico è reso estremamente attuale e vivo, perché ogni capo vale per la sua praticità, per la sua facilità, per la sua funzione, e allora tanti, tanti pantaloni, e gonne ampie perché confortevoli o a tubo essenziali, impermeabili di telone e cappotti di cammello rigorosamente aderenti al corpo, e allora, anche per la sera, parka; ma con l’interno in lamé o pantaloni e abiti a cappotto, assolutamente lineari, ma con scollatura e allacciatura sul dorso.

Nei materiali usati va sottolineata la qualità e l’attenta ricerca di nuove tecniche di lavorazione, per cui la swakara è trattato a tessuto, il gabardine è garzato all’interno per diventare più morbido, il pettinato di stampo maschile acquista lucentezza, il più classico dei tweed è illuminato da piccole scaglie d’oro, l’organza, gli jacquard, il taffetà di seta sono sempre più preziosi. Prezioso e raffinato anche il gioco dei colori: i toni naturali del cammello e della vicuna, mischiati anche nelle loro più profonde gradazioni, possono essere ravvivate o da tonalità squillanti o dai bagliori dell’oro.

Premio “Catania, Talenti & Dintorni”

Catania, sabato 19 luglio: alla Fondazione Gianfranco Ferré é stato conferito il Premio Internazionale “Storia della Moda”, nell’ambito del Gala della moda “Catania, Talenti & Dintorni”, presentato da Cinzia Malvini e Marco Liorni.

La motivazione:

“Nel ricordo dell’indimenticato Gianfranco Ferré, nel trentesimo anniversario della sua prima sfilata, per l’impegno della Fondazione a lui intitolata che si propone di perpetuare il nome di Gianfranco Ferré, attraverso rassegne e programmi educativi, la nostra commissione, di concerto con l’Università di Catania, ha deciso di conferire alla Fondazione stessa l’ambito premio“ rappresentato da un elefante d’argento, simbolo della città.

Prima della premiazione, nella cornice barocca di piazza Università, ha avuto luogo una sfilata di dodici abiti da gran sera, provenienti dall’archivio storico della Fondazione.

Milano, 19 luglio 2008

È costituita la Fondazione Gianfranco Ferré

Oggi, mercoledì 13 febbraio, davanti al dottor Enrico Bellezza, notaio in Milano, è stata costituita la Fondazione Gianfranco Ferré.

I fondatori sono il cavalier Tonino Perna, Presidente di IT Holding SpA e della Gianfranco Ferré SpA, ed il signor Alberto Ferré, fratello dell’architetto Gianfranco Ferré.

Gli obiettivi e le attività della Fondazione sono accomunati dalla volontà di conservare, promuovere e diffondere i valori culturali, artistici ed estetici che l’Architetto Ferré ha elaborato e testimoniato nella sua vita.

La Fondazione prevede iniziative che verranno organizzate, sostenute e finanziate, di cui si indicano le più significative:

– conservazione e catalogazione del materiale d’archivio riguardante le collezioni e le attività di Gianfranco Ferré: abiti ed accessori, campioni di materiali e schede di lavorazione, bozzetti e disegni tecnici, immagini fotografiche e diapositive, filmati e rilevazioni televisive, cataloghi e pubblicazioni, interviste e pagine editoriali, rassegne stampa e testi vari.

– collaborazione e confronto con le istituzioni museali cittadine, regionali, nazionali ed internazionali dedicate alla moda e/o al costume, o con altri Enti culturalmente affini, anche per eventuali prestiti temporanei di abiti, manufatti e documentazioni di vario genere.

– programmazione e realizzazione in proprio di mostre e rassegne, anche a tema, o partecipazione, su invito, a manifestazioni analoghe, organizzate da Enti diversi.

– pubblicazione di libri o cataloghi relativi alle diverse attività della Fondazione.

– avvio e sviluppo di rapporti a carattere didattico-formativo con Università e/o Istituti di formazione di vario orientamento in Italia e all’estero, sotto forma di partecipazione a loro comitati scientifici e di programma.

– coordinamento delle operazioni proposte da Istituzioni ed Enti nel nome di Gianfranco Ferré, quali, per esempio, l’attribuzione di borse di studio, l’intitolazione di corsi scolastici o concorsi e altro.

– promozione e supporto alle attività di studio e di ricerca che hanno come oggetto i valori artistici, culturali ed estetici affermati da Gianfranco Ferré, le sue testimonianze creative ed il significato che ha avuto nella storia della moda italiana, del costume e della cultura del nostro tempo,

– editing e diffusione alle scuole di moda e/o di design di testi preparati in occasione delle numerose lezioni che l’Architetto Ferré ha tenuto in Università, Scuole ed Istituti di Formazione Superiore in ogni parte del mondo.

– premi di laurea o di master ai giovani che intendono occuparsi di moda in tutte le sue accezioni, sotto forma di contributi economici garantiti per il periodo iniziale della loro carriera, o durante lo svolgimento di stage presso le aziende.

Presidente della Fondazione è il cavalier Tonino Perna, Vicepresidente il signor Alberto Ferré, Direttore Generale la dottoressa Rita Airaghi.

Il Consiglio di Amministrazione, attualmente composto dal cavalier Perna, dal signor Ferré e dalla dottoressa Airaghi, istituirà quanto prima un “advisory board” con funzioni consultive, composto da personalità di spicco nei vari ambiti della vita culturale e sociale, di riconosciuto prestigio nelle materie di interesse della Fondazione. All’interno dello stesso “advisory board” verrà costituito un ristretto comitato scientifico con il compito di individuare, orientare ed ottimizzare le scelte strategiche ed operative della Fondazione.

Milano, 14 febbraio 2008

Milano, 14 giugno 2007. Politecnico di Milano. Facoltà del Design. Corso di laurea in Design della moda

LE FORME DELL’EMOZIONE. DARE FORMA ALLE EMOZIONI

Vogliamo appoggiare saldamente piedi per terra, ma vogliamo raggiungere con la testa le nuvole.

Ludwig Mies van der Rohe

Una dichiarazione di intenti. Ragione o sentimento?

Il primo postulato

In principio c’è la forma perché ogni abito è, innanzitutto, progetto formale.

Il secondo postulato

La forma necessaria è quella del corpo umano, con la sua fisicità, con le sue esigenze reali di movimento, con le sue dinamiche di relazione con ciò che lo ricopre e con l’ambiente in cui si trova a essere.

Il terzo postulato

La forma ha una sostanza che è la materia.

Le dinamiche operative

Elaborare

Semplificare

Enfatizzare

Ridurre

Scomporre

Ricalibrare

In molti hanno definito i miei abiti «architetture tessili». La definizione mi piace. Rende bene l’idea di quello che per me è l’abito: il risultato di un incontro tra forma e materia, “guidato” dalla mano del creatore. Non userei altre definizioni. Semplicemente completerei questa: i miei abiti sono architetture tessili pensate per il corpo. Che il corpo rende vive.

Istanbul, 8 dicembre 2006. International Herald Tribune. Luxury Conference 2006

EXOTIC INSPIRATIONS

L’intelligenza globale della moda

La moda senza confini

La lezione dell’Oriente

Le mille anime dell’India

La Cina di Lanterne Rosse

Il Giappone, guerriero gentile

Altri orizzonti: La “mia” Africa

Mille e una notte

Nella giungla: dall’Africa all’Amazzonia

Mexico hermoso

Pampa & Tango Glamour

On the sea: dalle Hawaii a Punta del Este

Milano, 17 novembre 2003. Centro Culturale Francese. Il lunedì degli amici milanesi

THE TAILOR OF THE TWO CITIES

«Gianfranco Ferré: The tailor of the two cities». Per dovere di imparzialità, inizio questa riflessione sulla mia avventura francese, lunga più di sette anni, con una definizione in inglese che mi è stata attribuita da una rivista americana negli anni del mio pendolarismo creativo – ma anche fisico e geografico – tra Milano e Parigi…

..la mia avventura “chez Dior” si è rivelata una straordinaria opportunità di crescita e di realizzazione. Non ho mai provato la minima sensazione di sdoppiamento tra l’essere Ferré e l’essere Dior…

…dopo dieci anni di prêt-à-porter, il mio approccio alla assoluta “francesità” dello stile Dior non poteva che essere pragmatico, progettuale, fortemente logico. In una parola: molto milanese. E molto Ferré…

…ho trasferito nella couture il valore e l’importanza del progetto: il progetto dell’abito come risultato di un intervento ragionato sulle forme…

Shanghai, 26 aprile 2001. Fashion Institute. Dong Hua University

CREATIVITÀ E METODO DI LAVORO

Virtù e qualche volta vizio. La creatività è una delle componenti fondamentali della cultura e del carattere italiani. Si tratta di una specie di estro e al tempo stesso di applicazione e di precisione, uno scatto d’ingegno e un lavoro collettivo, come nelle botteghe dei maestri rinascimentali che ci hanno lasciato dipinti e statue, affreschi e chiese…

«L’inspiration c’est travailler», diceva il poeta Charles Baudelaire, ben consapevole che lo slancio nasce dal lavoro di tutti i giorni, dalla tenacia costante, da una conoscenza così profonda della tecnica da non restarne prigionieri…

…la mia esperienza e il mio procedere quotidiano, innanzitutto attraverso il disegno.

…in una seconda fase prevale l’educazione alla geometria e la conoscenza delle metodiche orientali, come l’origami, e le forme di assemblaggio che ne derivano…

Contano, poi, le “affinità elettive” con il design; da architetto sostengo che la moda sia design – essendo questo l’atto di trasformazione che dall’idea porta all’oggetto – e che la relazione tra architettura e moda sia molto stretta..

Se mi interrogo sulle origini della mia creatività, scopro che quella che metto in atto ogni giorno è una modalità di operare che può vantare radici antiche: un atteggiamento “umanistico” che trova la sua forza espressiva nel culto per la qualità e per il bello, nel senso della tradizione, nell’amore per le armonie e per gli equilibri. La mia creatività si realizza nel confronto quotidiano con le forme, i colori, i materiali: è un esercizio di rigore e di determinazione, è il desiderio continuo di innovare e di sperimentare…

Cernobbio, 11 settembre 1999. Villa d’Este. Fondazione Antonio Ratti. Forum internazionale tessile. Il mercato tessile tra complessità e turbolenza: le sfide del nuovo Millennio

STILISMO E CREATIVITÀ DAVANTI ALLE SFIDE DEL NUOVO MILLENNIO

Premessa: la consapevolezza…

Non posso che condividere l’esistenza di una turbolenza nell’attuale mercato tessile. Turbolenza ovvero contraddittorietà, l’assommarsi di tendenze e di fenomeni tra loro differenti e contrastanti, “movimenti” non sempre di immediata comprensione e individuazione…

La globalizzazione dell’economia ovvero dei consumi e del gusto passa anche attraverso la globalizzazione dell’informazione che raggiunge tutti indistintamente ed è ogni giorno infinitamente più veloce, più incisiva, più powerful…

Di riflesso, è cresciuta agli occhi del pubblico la riconoscibilità della moda e della griffe. È cresciuta la loro desiderabilità, ma secondo un’ottica diversa rispetto al passato, per lo meno nei mercati “maturi”. Non si ragiona più in termini di status symbol, ma di style symbol…

Le risposte in progress della creatività:

Obiettivi e orizzonti
Coerenza di lessico e progettazione complessa
Articolazione dello stile
Innovazione e produzione

Londra, 26 novembre 1998. Central Saint Martin’s College of Art & Design

PROGETTARE LA MATERIA

Io credo che in generale, ovvero indipendentemente dall’ambito professionale in cui si è attivi, abbia un significato preciso trasmettere le proprie conoscenze a chi è più giovane e si propone di intraprendere lo stesso percorso…

Ma, ancora di più, trasmettere conoscenze rappresenta un investimento. Una garanzia di continuità per il proprio lavoro. La garanzia che le proprie “conquiste” possano essere sviluppate, ampliate, diffuse. Perché entrino a far parte di un patrimonio comune di creatività e di cultura…

…ho ritenuto giusto e utile proporre ai giovani una lettura della mia esperienza concentrando la mia analisi sul ruolo e l’importanza della materia nell’ambito dell’impegno creativo applicato alla moda.

LA NUOVA FRONTIERA DELLA CREATIVITA’

LA MATERIA PURA

LA MATERIA REINTERPRETATA

LA MATERIA INVENTATA

LA MATERIA AD EFFETTO: ALCHIMIE ED ILLUSIONI

LA MATERIA AD EFFETTO: BAGLIORI E RIFLESSI

LA MATERIA, LE FORME, IL CORPO

I volumi che avvolgono il corpo

Il corpo svelato

Il corpo scolpito

Milano, 14 luglio 1997. Domus Academy. Fashion Design Summer Session Fashion and Jewelry

IL GIOIELLO TRA ORIENTE E OCCIDENTE, UN PERCORSO TRA PROGETTO E FANTASIA

Il gioiello: il primo amore

La mia avventura nel mondo della moda ha preso avvio per caso – quasi trent’anni fa, prima ancora che terminassi gli studi di architettura –, più per il piacere di manipolare materiali e giungere a “produrre” qualcosa di originale e rispondente al mio gusto, che non per la convinzione di calarmi nel ruolo di creatore di moda. E forse non è un caso che questa avventura abbia avuto inizio proprio dai bijoux.

Il gioiello e la moda: un progetto di coerenza

Il gioiello e la materia: invenzione e interpretazione

Il gioiello e la forma: il corpo esaltato

Il gioiello tra Oriente e Occidente: suggestioni e ispirazioni

Il gioiello e l’abito: da accessorio a complemento

Tokyo, 12 giugno 1997. United Nations University

MODA AL MASCHILE

La moda maschile è per me, soprattutto, una questione di metodo. L’approccio è progettuale: in questa direzione la mia formazione di architetto mi fornisce l’attitudine mentale e gli strumenti, sia culturali che di indagine, attinenti perfettamente al microcosmo della moda…

L’idea portante nel mio approfondimento sulla moda maschile risiede nella ricerca costante di proposte flessibili, ma sempre di estremo comfort, che rimandano a una lontana, ma presente, matrice di educazione tradizionale, come tradizionale è il modo di pormi nei confronti dell’abito maschile, sempre studiato e costruito con una disinvoltura che, perfezionando il concetto di scioltezza e di destrutturazione, è diventato ormai il mio “lessico familiare”…

Pur amando le sperimentazioni e la ricerca nel campo dell’abbigliamento sportivo, da vacanza o da evasione, credo nel valore simbolico e di rappresentanza contenuto nell’abbigliamento formale, nel classico che abbia una precisa identità, perché il vestire da città ha regole codificate, benpensanti…

Penso che il futuro sarà un’espressione del nostro spirito più che del nostro potere e del nostro denaro, anche se oggi una “uniforme” non rappresenta tanto lo status di una persona, quanto il suo paradigma mentale…

Evoluzione nella continuità è una definizione che mi piace nella mia storia del “fare cose per uomini”. Continuità soprattutto nel metodo di lavoro, nella rilettura costante della tradizione, nell’evoluzione dello stile perché ogni collezione è connotata al momento storico, all’ambiente sociale in cui si colloca, alle necessità, alle abitudini, insomma al modo di usare il vestito…

Milano, 14 marzo 1997. Politecnico. Dipartimento di Progettazione dell’architettura


COMPOSIZIONE E MODA

La composizione nella pratica d’arte

Non ho fatto l’architetto, ma posso affermare con sicurezza che, in questi venticinque anni, ogni mia creazione ha almeno un briciolo – e spesso molto di più – di quanto ho imparato al Politecnico di Milano. In termini di logica, metodo, attitudine progettuale, ma anche in termini di volontà di analisi, di gusto per la sperimentazione, di rigore di intenti.

Certamente, obietterà qualcuno, la moda non è soltanto questo, ma è anche fantasia, intuizione, immaginazione allo stato puro. Anche per me la moda ha due anime, è sentimento e ragione: è quello che vorrei raccontare in questa sede, procedendo per punti ben precisi, fedele ai criteri dell’analisi che proprio qui ho appreso.

La composizione nella moda. Le regole

L’abito come progetto, costruzione e intervento sulle forme

L’abito come espressione di cultura. La moda come conoscenza della realtà, del presente, del passato

L’abito e il progetto come espressione di sé. Il proprio lessico e il proprio panorama ideale come base della creatività

La composizione nella moda. Gli strumenti

Il disegno, il progetto come primo momento

La materia. I trattamenti e le lavorazioni. La tecnologia e la ricerca

Il colore, elemento “intrinseco” al progetto

La composizione della moda. Gli scopi

L’abito come prodotto e come oggetto d’uso. Il senso della realtà

L’abito come ricerca di effetto, come veicolo di sensazioni e mezzo di espressione

La composizione nella moda. Il presente, il futuro

I nuovi valori: libertà, comfort, naturalezza

Il primo valore: il corpo

L’abito come singolo “pezzo” all’interno della collezione

Il principio della sovrapposizione e della stratificazione

La caduta delle barriere tra giorno e sera

Il decoro come scelta personale

Lo stile articolato su livelli diversi e complementari: la prima linea, le “seconde linee”, le linee giovani, le linee sport

New York, 6 settembre 1996. Fashion Institute of Technology

CRÉATEUR/COUTURIER

Credo che il contributo più significativo e utile che possa offrire a un pubblico di giovani che in futuro si occuperanno di moda debba partire dalla considerazione di come la creatività, l’ispirazione e la fantasia trovino la loro espressione in questo campo attraverso una molteplicità straordinaria di canali e di strumenti.

Tutti sappiamo come la moda, specchio e interpretazione della realtà, sia di fatto un fenomeno dalle mille sfaccettature, costantemente in progress e oggi più fluido che mai. È un fenomeno che nasce dalle singole sensibilità individuali, da una lettura sempre personale e soggettiva della vita e del suo evolversi. Un fenomeno che però appare organizzato secondo grandi tendenze comuni, attuato a livelli differenti, con riscontri di pubblico e scelte di contenuti diversi…

L’impostazione sartoriale della lavorazione, la realizzazione dell’abito fondata sostanzialmente su interventi manuali, la cura assoluta per il dettaglio sono gli strumenti formidabili che solo il couturier ha a disposizione e che moltiplicano le chance della sua creatività…

Gli orizzonti entro i quali si muove la fantasia del créateur di prêt-à-porter sono invece quelli della produzione industriale e quindi della riproducibilità seriale del capo…

Concludo con una osservazione molto semplice, nella duplice veste di créateur e couturier. Nel percorso di tutti questi anni, nel mio operare quotidiano non ho mai creduto in una separazione assoluta tra le due sfere d’azione creativa, in una loro contrapposizione o incompatibilità. Certo sia l’alta moda che il prêt-à-porter hanno le loro peculiarità – l’atelier ha i suoi riti, il design industriale le sue necessità produttive –, ma posso affermare in tutta tranquillità che non avrei raggiunto determinati risultati, non avrei potuto agire con coerenza e linearità stilistica, se non mi fossi sempre sforzato di integrare tra loro le esperienze conseguite nei due settori, se non avessi saputo trasporre con elasticità i metodi, le procedure, gli accorgimenti da un campo all’altro.

Partendo dal prêt-à-porter, mi è stato quasi naturale impostare un metodo progettuale anche nell’alta moda – concepire le collezioni come un insieme di capi unici – legato però da un filo conduttore, da una logica comune di stile.

In senso opposto, ho cercato di applicare i “tesori” dell’alta moda, la cura appassionata per il dettaglio e per il decoro, anche nella moda pronta, adeguandoli naturalmente alle regole della produzione industriale…

Torino, 22 aprile 1996. Secondo forum internazionale sullo stile dell’auto: Architettura e tipologia dell’auto del 2000


IL DESIGN NELLA MODA

Quali sono dunque le caratteristiche distintive del design industriale nella moda? In primo luogo si può parlare di progettazione continua…

Si potrebbe pensare che la moda sia in effetti impegnata in modificazioni assolutamente superficiali, frivole e di nessuna consistenza: qualcosa di opposto rispetto al principio-base del design industriale che invece punta a ideare oggetti definitivi. Non è così: la progettazione continua nella moda richiama in qualche misura la ricerca artistica, ad esempio quella del pittore che compie il suo percorso opera dopo opera, con risultati di volta in volta inediti, ma con la coerenza di uno stile proprio e individuale…

Una seconda caratteristica del design applicato alla moda si chiarisce pensando che il fine della progettazione non è l’oggetto – l’abito – in quanto tale, ma, attraverso l’abito, si mira a intervenire sul comportamento e sul gusto dei singoli individui. In un mondo saturo di oggetti, il fashion designer deve progettare, o tendere a progettare, i desideri di uomini e donne…

L’attività del fashion designer che propone stili di carattere estetico, e quindi anche stili comportamentali, presuppone una progettazione complessa che non si può limitare al prodotto, ma che deve invece coinvolgere tutte le fasi e gli strumenti della comunicazione e della relazione con gli utenti finali…

Parallelamente, la ricerca di pulizia, l’allontanamento consapevole dal decoro, apre la strada a un ulteriore ambito di evoluzione: l’approccio innovativo alla materia.

Focalizzata per tradizione e per costituzione sulle attività di trasformazione, la nostra industria – quella tessile in special modo – fa valere la sua consuetudine alla sperimentazione, la sua agilità nel recepire e fare propri gli stimoli innovativi, soprattutto nel campo delle lavorazioni e del trattamento della materia. I nuovi materiali, le nuove mischie, mostrano prestazioni di elasticità e di comfort e presentano un aspetto e una mano mai immaginati prima…

Le chances inedite che la materia offre alla moda dei nostri giorni determinano anche nuove soluzioni di forma. La ricerca tecnica diventa quindi anche “formale”, perché materiali di oggi permettono di disegnare abiti dalle nuove forme, con nuove aderenze, mai raggiunte prima se non a scapito del comfort. E proprio il comfort diventa l’orizzonte reale e concreto, l’obiettivo verso il quale proiettare l’impegno progettuale del fashion designer…