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Centro di Ricerca Gianfranco Ferré – Fondazione Gianfranco Ferré

Estraneità all’iniziativa ‘The Alchemist Of Fashion. Unveiling the Formula of Gianfranco Ferré’

Estraneità all’iniziativa ‘The Alchemist Of Fashion. Unveiling the Formula of Gianfranco Ferré’

Il Centro di Ricerca Gianfranco Ferré del Politecnico di Milano intende comunicare la propria totale estraneità all’iniziativa dal titolo ‘The Alchemist Of Fashion. Unveiling the Formula of Gianfranco Ferré’ organizzata dal 12 al 16 giugno da WP archivio presso il proprio punto vendita di Firenze in collaborazione con l’Istituto Marangoni Firenze, per il Master in Art Management e Curating Art and Fashion.
Il Centro di Ricerca Gianfranco Ferré non è stato informato né ha contribuito in alcun modo alla progettazione e alla conseguente realizzazione dell’iniziativa. Inoltre, non è stata richiesta dagli organizzatori alcuna autorizzazione per la riproduzione, nell’allestimento della mostra, dei documenti di proprietà dell’archivio del Centro di Ricerca Gianfranco Ferré riconosciuti nel 2014 come patrimonio “di particolare interesse culturale” da parte del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e della Soprintendenza Archivistica per la Lombardia.

da1981ai

Pensando che nella moda “la fantasia non è più quella di un tempo” (che cosa c’è di inedito? di non dejà 2vu? di rivoluzionario?) e che l’inverno va visto come un fatto più compiuto, meno tra-là-là, comunque da vivere “vestite”, Gianfranco Ferré ha scelto come obiettivi della sua nuova collezione la linearità, la pulizia, la costruzione, il gioco dei volumi, rifiutando tutto ciò che ha l’aria casuale e abbandonata, ricercando un’immagine che faccia a meno dell’ “accessorio surplus”.

E allora, ecco la scelta dei tessuti e dei materiali senza equivoci e mollezze: corposi panni doppi da sartoria rifiniti di gros, harris tweed o tweed pepe e sale, pesanti jersey ad effetto “melton”, cotone gommato per gli impermeabili, nappa imbottita e “borego” per i blousons, doppi crêpe a effetto interlock per la sera, rustici loden accostati alla pelle.

E poi, ecco la predilezione per i colori “metropolitani”: grigi velati e nebbiosi, grigi scuri e fumosi, una gamma di blu che ricordano l’Oriente (China, indaco, copiativo), tanti colpi di rosso deciso e sicuro, e naturalmente, il nero.

E dunque, ecco la scelta delle linee nette, senza mezzi termini: le giacche lunghe con le allacciature nascoste e i colli a listone in forma impunturati, i caban senza collo con effetto di doppia manica, la serie di “vareuses” sportivissime, gli spolverini impermeabili, i mantelli a vestaglia lunghi al polpaccio, contrapposti a cappotti lineari in morbido velours che si arrestano sopra al ginocchio, le sottane decisamente lunghe diritte e spaccate, che talora nascondono effetti di doppio che rispondono a criteri funzionali i pantaloni senza pinces in vita che acquistano rotondità al ginocchio, i “vestiti-coulotte”.

E ancora, ecco la decisione di “legare tutto” con fili conduttori come le impunture, certi tagli e accorgimenti presi a prestito dalla “civiltà del chimono”: motivo ricorrente è l”’obi”, di maglia e pelle sui capi da giorno, di paillettes su quelli da sera, dove enfatizzato, diventa talvolta corpino indossato su particolari pantaloni dal taglio triangolare, di faille, di grisaille di seta o velluto.


tessuti: AGNONA – BINI – BARGHENTI – CALEDON – CANEPA – DONDI JERSEY – ETRO – FALIERO SARTI – ITS ARTEA – JACKITEX – LESSONA – LORO PIANA – PIACENZA – SCHLAEPFER – TARONI – TASCO – TORELLO VIERA – VERGA – VERZOLETTO.

filati: FILATI PUCCI – LINEA PIU’.

Linea accessori: Gianfranco Ferré

Foulards prodotti e distribuiti da I PARALLELI

Calzature prodotte e distribuite da GUIDO PASQUALI

Borse prodotte e distribuite da REDWALL

Bijoux disegnati da GIANFRANCO FERRE’

Makeup “The professional” di OLGA TSCHECHOWA

da1987pe

Collezione Prêt-à-porter

“Sfidare con spirito nuovo … Il che significa servirsi della semplicità per farne uno strumento sottile di decoro, non aver soggezione di certe forme canoniche e rinnovarsi. Oppure trasformare in vivacità tutto ciò che per sua natura è formale, contrapponendo maliziosamente il femminile al maschile.

E’ il segreto di una collezione libera, costruita lavorando su ciò che più mi piace e che vedo come l’inizio, lo sbocco di una strada futura. Dove sempre più forte è il desiderio, tipico del prêt-à-porter, di colpire, sedurre, accattivare, ma esprimendosi con un linguaggio che in fondo non gli è tipico e che deriva dall’alta moda: l’educazione alle proporzioni.”

Gianfranco Ferré

Riflettendo in merito alla collezione. Sentirsi a proprio agio nel tailleur senza maniche, con la giacca maschile decorata a stampe vistose e grafismi evidenti, sul pantalone in fresco di lana grigia. Apprezzare il comfort di un tailleur che contraddice il formalismo di un tessuto maschile, il fresco di lana, trasformando la giacca in un doppio gilet ben sostenuto: uno di picchè bianco, l’altro di tessuto. Estenuare la giacca virile, sciolta e svasata verso il fondo, con le preziose drapperie di seta, il nero del raso e il candore del piquet. Portando la collana a chicchi giganti di legno come un uomo porta la cravatta. Perdersi in grandi abiti diritti come pullover, con lo scollo a V o a giro, segnatissimi sul dietro, abbondanti davanti per un effetto di rimborso basso che crea tasche naturali.

Discorrendo di elementi già noti del vestire. Impadronirsi del colletto di una camicia maschile, ingigantirlo e farlo diventare una blusa sbracciata. Impossessarsi di forme conosciute come il trench, ma colorarlo di rosso, su pantaloni e giacca rossi. Oppure sostituire la camicia con il gilet, corto o lungo, e precisarlo con una giacca sfuggente sul dorso, esasperata dal colletto a risvolti giganti. Addolcire il giubbotto barracuda con la popeline di seta naturale.

Riportando a uno charme diverso il lessico canonico dell’abito. Muoversi noncurante nella t-shirt a righe bianca e nera, ornata da un colletto alto e laccato. Apprezzare la scioltezza dei blazer informali come cardigan. Rilassarsi nella camicia morbida dalla matrice sorprendente: la sciarpa maschile di seta (come la maglia, sviluppata intorno alla sciarpa classica écru). Stupirsi del piccolo abito aggressivo in mohair di seta e lana, diventato un lungo cardigan (sotto, il gilet di uguale lunghezza in piquet immacolato).

Affermando che la solidità delle necessità permette anche un senso di sana allegria. Scoprire un metodo nuovo di costruire l’abito, esasperando la gonna a vita alta e unendola al reggiseno, in modo che baleni un lampo di pelle nuda. Aprire al massimo i bottoni della giacca e della gonna. Osare la giacca stampata sulla sciarpa che sostituisce la blusa. Scegliere l’ufficialità dell’abito a cardigan lungo alla caviglia, chiuso da enormi bottoni d’oro, o dei tailleur-divisa bianchi, la giacca smisuratamente lunga e i polsi d’oro. Rinunciare al colore per il nero e il bianco. Oppure volerlo con forza, ma rispettando un principio di necessità: rosso, geranio, girasole, mastice. Con un gusto “puro e duro” per il decoro trompe-l’oeil di certe culture africane, riviste con occhio europeo. Ma ricordando che, nella nostra società, sono pure le materie industriali come la gomma, utilizzata infatti per costumi da bagno e top da spiaggia.

da1985ai

Prêt-à-porter Collection

” Ho cercato la decorazione… Non un’aggiunta gratuita, inutile, un barocchismo di maniera, ma il segnale di un’evoluzione dove ci fosse spazio per volumi e una fisicità nuovi.

Un atteggiamento diverso, insomma, che non si limitasse a cercare il funzionale, il pratico, l’utile, ma affrontasse questa idea proibita, questa zona in ombra della decorazione. Che ho interpretato esasperando certi schemi elementari e certi volumi: ho ingigantito il giubbotto con la coulisse e la giacca a sahariana, semplificato il pullover rendendolo una sciarpa avvolta intorno al busto e alle braccia, unito linee e aspetti opposti che però potessero convivere insieme, come insegnano certe culture orientali che mescolano l’essenzialità al gusto molteplice delle forme. Anche il colore risponde a questo concetto decorativo: il grigio – per me il nuovo neutro – si declina in sfumature più dense, con un senso plastico importante, e fa da sfondo a una gamma di toni puri. Il rosso, il turchese, il viola, il giallo… I colori della segnaletica urbana, della città industriale e paradossalmente, i più nobili, quelli di grande tradizione… I colori dei mandarini e degli imperatori giapponesi…. Perché ho voluto dimostrare, superando alcuni concetti estetici, che la forma è la sostanza e che uno stile può evolversi senza modificare”.

Gianfranco Ferré

Lessenziale. La silhouette disegnata dall’uniforme: il tailleur alla Mao di flanella grigia, aderente e sottile.

Il volume morbido. L’interno di mongolia nera e soffice per il cappotto di marocain dritto, chiuso perfettamente da un bordo orizzontale.

L’interno di mongolia nera e soffice per il cappotto di marocain dritto, chiuso perfettamente da un bordo orizzontale.

La neutralità. I pantaloni di bufalo a vita alta e non segnata (come le gonne) ma aderenti al corpo, e la sovra dimensione del giubbotto di melton.

I concetti contrapposti. Sull’uniforme grigia, i cappotti gonfi a colori puliti e vibranti, da lacca orientale.

Il nuovo vestito. Linea a scatola, svelta e scattante, con effetto giacca sul dorso, doppiato e chiuso dall’allacciatura.

Il taglio che dà ampiezza. Il giubbotto di alce strutturato attraverso nervature, e il dettaglio ’86: la sciarpa a volute astratte, sorretta da un gioco di nervature.

Il colore maturo. Rosso fino in fondo per il cappotto di panno pressato sfoderato e leggero, con tagli tondi che danno ricchezza allo slancio della schiena. O turchese fino in fondo per il cappotto di velour sull’abito-camicia da cui balena uno spicchio di gonna nera. O multicolore fino in fondo per i pullover a fasce contrastanti, lunghi e ampi.

Il pullover strutturato. Senso del volume, effetti di morbidezza e volute naturali, quasi delle spirali.

La sahariana gigante. Colori imprevisti e cashmere morbido raccolto dalla coulisse in fondo.

La forma sottolineata. La tuta in maglia di jersey a punto stoffa aderente al corpo per una soluzione inconsueta di tagli.

La plasticità. Lucidissimo su opaco: con il cappotto di montone laccato e la camicia confortevole in crêpe doppio dalla “mano” e dalla caduta pastosa. Gonfio su morbido: il taffetà impermeabile foderato di lupo, con un’ampiezza costruita attraverso pieghe e coulisse.

L’illusione. Camicetta di velluto stampato a breitschwanz sui pantaloni larghi di lana multicolore.

Il comfort. Per sere private e abbandoni segreti, la gonna lunga a ruota di flanella grigia con il cardigan a tutta lunghezza. E le camicie in seta stampata, che si incrociano strettissime a sciarpa.

Sera, variazioni sullo stile. Dal tailleur elementare, con la giacca ricamata a spirali di perline e la sciarpa di gazar nero, all’abito-bustier con la voluta di duchesse, dal pullover nero colletto e polsi ricamati come nuovi gioielli – sui pantaloni di flanella grigia alla camicetta di organza trasparente con spirali di passamaneria, dalla camicia di duchesse rigata che sembra “strappata” sulla schiena ai tubi di marocain nero, punteggiati dalla sciarpa a volute rigide. Dodici modi “di essere Ferré”.

da1980ai

Collezione Prêt-à-porter

Per il prossimo inverno 1980 Gianfranco Ferré propone una immagine femminile assai scattante, nitida nelle linee e nei volumi, suggerita da aspetti molteplici. Contrapposti in modo naturale e spigliato, con un denominatore comune: “dimensione sport” sempre; persino nei momenti eleganti, con glamour, con un pizzico di ironia.

Rifuggendo da schematismi o riferimenti, anche il tema più classico è reso estremamente attuale e vivo, perché ogni capo vale per la sua praticità, per la sua facilità, per la sua funzione, e allora tanti, tanti pantaloni, e gonne ampie perché confortevoli o a tubo essenziali, impermeabili di telone e cappotti di cammello rigorosamente aderenti al corpo, e allora, anche per la sera, parka; ma con l’interno in lamé o pantaloni e abiti a cappotto, assolutamente lineari, ma con scollatura e allacciatura sul dorso.

Nei materiali usati va sottolineata la qualità e l’attenta ricerca di nuove tecniche di lavorazione, per cui la swakara è trattato a tessuto, il gabardine è garzato all’interno per diventare più morbido, il pettinato di stampo maschile acquista lucentezza, il più classico dei tweed è illuminato da piccole scaglie d’oro, l’organza, gli jacquard, il taffetà di seta sono sempre più preziosi. Prezioso e raffinato anche il gioco dei colori: i toni naturali del cammello e della vicuna, mischiati anche nelle loro più profonde gradazioni, possono essere ravvivate o da tonalità squillanti o dai bagliori dell’oro.

“Gianfranco Ferré: il rosso perfetto”, Alessandro Martinelli

L’autore di questo saggio è Alessandro Martinelli, un giovane docente di matematica in un liceo, molto amato dai suoi studenti.

Appassionato di Moda, appassionato di Arte… la sua curiosità intellettuale non ha limiti e lo porta ad approfondire gli argomenti con collegamenti e contaminazioni, di facile ma avvincente lettura.

“Gianfranco Ferré: il rosso perfetto”