”Di Milano amo lo spirito concreto, la dimensione privata che garantisce privacy, discrezione, concentrazione per il lavoro. Milano è una città piccola, che vive “in interno”. Un tempo, nei quartieri alti, i palazzi si proiettavano nei giardini bellissimi rinchiusi dai portoni, mentre in quelli popolari l’animazione era nei cortili, sui ballatoi delle case di ringhiera. E’ la forza e la debolezza di Milano: ciò che è di tutti non è sempre curato, la città non è tanto brava a vivere e pensare “in pubblico”; il suo progresso spesso nasce dall’individualità. Un difetto che si traduce oggi in infrastrutture carenti, nella mancanza di una politica globale della città e di una pianificazione del vivere urbano, nell’assenza di risposte alle necessità collettive. Qui vorrei che Milano migliorasse… Intanto prendo delle boccate d’aria altrove. Parigi, New York, Londra mi offrono ciò che Milano non mi dà. Ampio respiro, senso della metropoli e del mondo, orizzonti multiculturali e multirazziali, uno stimolo indispensabile per il mio lavoro. Poi torno a casa, a Milano…”