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Fondazione Gianfranco Ferré – Pagina 4 – Archivio online della Fondazione Gianfranco Ferré

29 novembre 2011. CulturAperta. Castello Sforzesco

La Fondazione Gianfranco Ferré è tra i partecipanti al convegno “Design italiano. Design tradito?”, organizzato dall’associazione “Cultura Aperta”

L’evento è in programma il 29 e 30 novembre ed il 1 dicembre, al Castello Sforzesco. L’obiettivo è di analizzare lo stato attuale di salute del design italiano, nelle sue varie espressioni, inclusa la moda.

“La moda: vero industrial design?” è infatti la domanda-titolo che definisce la sezione in cui si colloca l’intervento di Rita Airaghi, direttore della Fondazione, che illustrerà l’iter creativo di Gianfranco Ferré, architetto per formazione e stilista per vocazione. Verrà focalizzato in special modo come l’esperienza di Ferré si possa leggere nelle coordinate del design puro.

invito

“Gianfranco Ferré. Disegni” / Napoli

Venerdì 20 maggio, alle ore 16.30, negli spazi della Sala D’Amato dell’Unione Industriali di Napoli (Piazza dei Martiri 58), il Presidente Unione Industriali Paolo Graziano ospita la Fondazione Gianfranco Ferré che presenta il volume Gianfranco Ferré. Disegni.

Al dibattito intervengono Marino Niola (Professore di Antropologia culturale, Editorialista di La Repubblica), Patrizia Ranzo (Presidente del corso di laurea in disegno industriale per la moda della SUN), Vincenzo Trione (Professore di Storia dell’arte contemporanea presso la Facoltà di Architettura della SUN e lo IULM di Milano, Critico d’arte del “Corriere della Sera” e di I”O Donna”).

Introduce Rita Airaghi (Direttore della Fondazione Gianfranco Ferré).

Libro

“Disegnare, per me, significa gettare sulla carta un’idea spontanea per poter poi analizzare, controllare, verificare, pulire, riducendo gli elementi di base a linee sintetiche e precise, innestate su diagonali e parallele e racchiuse dentro forme e figure geometriche … da stilista e architetto concepisco la moda come design”.

Gianfranco Ferré

Il volume Gianfranco Ferré. Disegni, edito da Skira, a cura di Rita Airaghi, ripercorre l’opera di uno dei maggiori protagonisti della moda italiana. Ricostruisce attraverso disegni spesso inediti, un complesso percorso intellettuale, culturale e poetico. Si succedono schizzi veloci, che preludono ad abiti, a collezioni. Fogli, da una parte, abitati da segni rapidi e insieme precisi, con silhouette colte, poche linee che definiscono spalle, gambe. Tracce, che lasciano intravedere già le figure femminili. Dall’altra parte, invece, animati da articolate composizioni di linee, volumi, colori.

“Per Ferré creare un abito significa attuare un processo di costruzione formale attraverso l’elaborazione di semplici forme geometriche in strutture complesse e sviluppate nella tridimensionalità. Il primo, necessario, passaggio nel processo di elaborazione è la “definizione” delle forme stesse attraverso un bozzetto. Il disegno è espressione di libertà e rigore, di creatività e metodo, ma allo stesso tempo strumento di lavoro, esercizio quotidiano, habitus mentale, approccio concreto”. (Rita Airaghi)

up2007ai

“Alchimia, ricerca, invenzione. Sono valenze che da sempre connotano il mio stile, senza però sfociare mai in uno sperimentalismo gratuito. Gli orizzonti entro i quali si può realmente dar vita all’unicità ed alla qualità sono quelli definiti da codici estetici ben precisi, da logiche di eleganza consolidate.

Così, mi piace immaginare e raccontare l’uomo Gianfranco Ferré per il prossimo Autunno/Inverno come una sorta di moderno alchimista, sicuramente curioso e forse anche eccentrico, comunque consapevole e attento. Partendo da ciò che si può tranquillamente definire consueto e abituale, questo alchimista fa propria la pacata forza dirompente della normalità. Arrivando, senza difficoltà, al nuovo, al non ovvio, all’originale. Perché sa e vuole cercare…

… Cerca l’accuratezza delle costruzioni, optando per soluzioni inedite, quasi sorprendenti. E sceglie, per esempio, il cappotto assolutamente classico all’apparenza, il cui volume però presenta un’unica cucitura.

… Cerca l’impeccabilità delle forme, concedendosi però proporzioni più comode e generose.

… Cerca l’eccellenza autentica dei materiali, l’unicità del loro pregio, rinunciando ad ogni mistificazione, ad ogni elaborazione che non sia necessaria.

… Cerca la solidità dei colori, privilegiando i più densi ed i più intensi”

Gianfranco Ferré

LE MATERIE.

Le più normali, le più speciali. Senza tempo, mai scontate. Lane superpettinate e cotoni ultracompatti. Cachemire lucidati e sete impermeabili. Coccodrillo e zibellino. Bufalo aerato e gonfiato, nappa laserata a scaglie…

I COLORI.

I più cupi, i più profondi. Persino più del nero. Inequivocabilmente invernali. Blu, grigio antracite, burgundy, un marrone virtuale che nasce da un intreccio davvero alchemico di filati ciascuno in una sfumatura differente…

up2007pe

Il mio stile al maschile – che io amo definire ricorrendo alla formula di “Homme Couture” – si può leggere senza difficoltà come processo di evoluzione attento a ciò che si indossa, ma anche e soprattutto a come e perché lo si indossa…

Io credo in generale nell’evoluzione. Non nelle rotture radicali, negli sperimentalismi ad oltranza, nel recupero acritico di esperienze passate. L’evoluzione per me non è altro che innovazione che si compie costantemente attraverso piccoli-grandi interventi di cambiamento, frutto di una volontà sottile e tenace di realizzare una “quieta rivoluzione”. Una rivoluzione pacata e consapevole, compiuta con la mente perché diventi progetto di eleganza. Compiuta anche con il cuore e con tutti i cinque sensi, perché regali emozioni…

La mia collezione Uomo per la Primavera/Estate 2007 nasce esattamente in quest’ottica. Nel rispetto immutato – e tuttavia sempre nuovo – di un lessico che parla di rigore, libertà e precisione, di amore dichiarato per le materie senza tempo e piacere alchemico per la sperimentazione…”

Gianfranco Ferré

LE MATERIE.

Naturali e iper-compatte, nobili e alchemiche. Gabardine, crêpe e cotoni doppi, textures accoppiate e lane ingualcibili. Canguro cerato, anaconda e coccodrillo baby lavati…

I COLORI.

Pietrosi e metallici. I colori della ghiaia, della sabbia, della limatura di ferro, della pomice…

Gianfranco Ferré “Homme Couture”: Identità, definizioni…

“La formula “Homme Couture” identifica l’attitudine all’eccellenza e la ricerca di qualità che sono valenze intrinseche al DNA del mio stile al maschile.

La mia “Homme Couture” non intende parafrasare la Haute Couture (il “su misura” sartoriale), che presuppone l’unicità del capo realizzato ad hoc per il singolo cliente.

In concreto, questa formula identifica qualcosa che si percepisce toccando e osservando un capo con attenzione…”

Gianfranco Ferré

Sono, in particolare, le scelte materiche e le costruzioni a creare questo plus di qualità:

– Le lane sono sempre “extra-fine” ed “ultra-light”, a 200 micron di definizione.

– Le mischie di lana e seta sono a 180 micron.

– Il cotone “sea island” è ritorto doppio, è raso da “alta moda”, è tricottino, è gabardine double.

– La seta delle giacche tuxedo non supera mai i 90 grammi di peso. E le loro costruzioni “segrete” sono volutamente esibite in esterno.

– La nappa, intagliata al laser, si sovrappone al lino in tridimensionalità.

– Il nabuk è lavato e doppiato in denim.

– Anche il coccodrillo naturale è lavato, tagliato al vivo e accoppiato al canvas.

– Il canguro è alleggerito e si intarsia con la maglia di seta. Oppure è cerato e sottoposto a trattamenti antiacqua.

– Il vitello “rush” è tagliato al vivo, con le coste laccate a contrasto.

– L’organza cangiante nelle giacche da sera è appoggiata sulla tela di seta. La stessa organza ricopre il denim, lavato e rotto, dei jeans.

– Le giacche hanno le paramonture in Oxford, avvicinate alla fodera in seta, la “F” ricamata e la profilatura interna che da sempre è un “segno” della “Homme Couture”. Mentre l’esterno mostra intarsi inediti.

– Nell’architettura della camicia bianca, il volume viene “scaricato” sul dietro, e la configurazione del giromanica aiuta questo spostamento di equilibrio. Mentre le cuciture presentano sette punti ogni centimetro.

– E ancora, la camicia è percorsa da nervature, che, osservate da vicino, si rivelano cuciture di almeno dieci, differenti tipologie.

– Come nei blouson, anche nelle borse la nappa è intagliata al laser con effetto tridimensionale e abbinata al canvas

– Il cammeo intarsiato sul marmo spicca sui sandali e, come fibbia, sulle cinture…

up2006ai

“Sono convinto che lo stile di oggi debba essere strumento di espressione di sé, del proprio essere e del proprio modo di vivere.

Esattamente in quest’ottica si legge la mia collezione Uomo per il prossimo Autunno/Inverno. Una collezione che si muove tra codici consolidati di eleganza ed emozioni vissute, tra regola ed interpretazione, tra segni intenzionali di normalità e rigore e dichiarazioni di voluta eccentricità, che rimandano non solo ad una consuetudine storica, ma anche ad un’attitudine alla disobbedienza.

Come mi è proprio, anche in questa collezione ho voluto ridefinire formule abituali in una logica di originalità e contemporaneità, ponendo l’accento sull’eccellenza delle materie e delle costruzioni, sulla pacatezza delle modulazioni cromatiche che lasciano spazio alla ricercatezza e ad una dichiarata preziosità.

Muovendomi per incisi e contrappunti, ho disegnato così una collezione sensata ed equilibrata, per un uomo libero di scegliere come e cosa essere. Un uomo assolutamente intenzionato a non omologarsi perché ha in sé un senso di educazione nel proporsi. Un uomo che è, innanzitutto, individuo e persona e che tranquillamente potrebbe affermare: “Io non sarò mai nessuno, ma nessuno sarà mai come me…”

Gianfranco Ferré

LE MATERIE.

La lana di cammello albino, pregiata perché rara. Il cachemire ultraleggero. La seta tecnica. Il cotone, perché naturale. Le pellicce più speciali: visone palomino, coyote, castoro spitz. Le pelli preziose: coccodrillo a micro-scaglie, struzzo, canguro…

I COLORI.

Pacati, rilassati, densi, luminosi, sfumati, urbani, naturali… Nero, marrone, bianco, pepe, cammello ultralight…

up2006pe

“Penso che nel vestire maschile di oggi ordine e disordine siano poli opposti soltanto in apparenza. Regola e disobbedienza, in realtà, sono attitudini e connotazioni che convivono senza stridore, si compensano e si compenetrano in piena naturalezza, dando vita alla rilassata eleganza di un modo di essere che diventa stile e può evitare di omologarsi alle mode…

Con intelligenza e consapevolezza, l’uomo sa scombinare e ricombinare tra loro i pezzi del guardaroba. Indossa, per esempio, il formalissimo abito monocolore – tanto preciso nella costruzione da risultare sciolto e destrutturato – sulla camicia aperta, senza cravatta. Per istinto e con ironia, ricerca la novità, senza rinnegare i codici che gli appartengono da sempre. Rinnovare e ritrovare: sintetizzando al massimo, il motto potrebbe davvero essere questo, per definire un comportamento di assoluta linearità…”

Gianfranco Ferré

Anche la scansione cromatica parla di antitesi che si stemperano in assonanze. Suggerisce uniformità che però permette molteplici variazioni sul tema, tanto semplici quanto sofisticate. Il leit motiv estivo è il bianco. Per nulla scontato o monocorde, modulato e sfumato. Un bianco, il più candido e luminoso, si oppone al nero. Un altro bianco, più smorzato e pacato, si accosta al color carruba. Un altro ancora al grigio…

Secondo una logica analoga, le scelte materiche si orientano tra opposizioni singolari e armonie inconsuete, tra leggerezze sorprendenti e corposità decise. Le tipologie sono collaudate e del tutto naturali: lana e cotone, seta e lino. Le diverse consistenze sono decisive nel determinare fogge e vestibilità dei capi. Le carature esprimono sempre l’eccellenza. La lana “180 S” e il cachemire extralight hanno la lievità della tela e disegnano giacche senza peso, da abbinare a pantaloni di cotone grosso. Mentre il cotone “sea island” – il più sottile del mondo – costruisce un parka estivo che pare sfidare la legge di gravità. Un inconfondibile gusto per ciò che è prezioso contraddistingue i pellami utilizzati per i blouson: coccodrillo e struzzo, rospo e karung, tutti alchemicamente virati in bianco…

Mescolare, interpretare, giocare. Oppure aggiungere e togliere, per reinventare le immancabili giacche “masquerade” da sera: sempre sfarzose, sono fatte di strati e strati di organza, moltiplicati e sovrapposti gli uni sugli altri e poi ritagliati e intagliati, ricamati e intarsiati. Con un effetto camouflage indicibilmente magico…

up2005ai

“E’ del tutto normale che ogni mia nuova collezione prenda vita come progressiva puntualizzazione di codici, casistiche e segni che davvero mi appartengono e che vorrei traducessero l’essenza di uno stile al di là delle mode. Uno stile fatto di regole, norme e canoni, che tuttavia non mirano a costringere, né a imporre soluzioni precostituite. L’approccio al vestire è a misura di individualità, determinato da scelte che dipendono esclusivamente dalla volontà personale e persino dal piacere di esplorare, di ritrovare pezzi vissuti da combinare senza forzature con ciò che appartiene al presente: il blazer militare autentico con il dolcevita in cachemire, la mantella e l’impermeabile, anch’essi militari, con gli abiti più classici, gli anfibi, il pantalone multitasche e la cintura army. Perché, in definitiva, l’eleganza è soprattutto una questione di intenzionale coerenza…”

Gianfranco Ferré

Il grigio è l’anima di un formale autentico, inconfondibile, attuale, scandito da molteplici tipologie di gessato – con spaziature ipersottili o, al contrario, esagerate – che solcano i completi in flanella chinzata, in tasmania a caratura ultrapregiata, in cachemire. Le silhouette risultano asciutte e un po’ allungate, le costruzioni precise e impeccabili. Camicia e cravatta sono un complemento irrinunciabile. La severità urbana del grigio impronta anche la pelle e la pelliccia: struzzo, coccodrillo, foca artica, visone scandinavo…

Il blu d’inverno non può che essere intenso. E’ il blu delle notti nordiche che accresce la corposità dei cotoni spessi, del feltro, delle textures piatte opposte tra loro in giochi di lucido e opaco, di un panno compatto e grosso anche quando è di cachemire, con una resa ancora più tecnica del nylon. Materie ideali per costruire gli overcoat affusolati e sottili come astucci. Ancora blu per il montone e la maglia doppiati in weasel color grafite. Al dolcevita, in cachemire e seta, spetta un ruolo assoluto di protagonista…

Le modulazioni chiare e pacate della cera accentuano la scioltezza dei caban, dei montgomery e delle sahariane invernali in raso lavato, invecchiato e strapazzato, oppure in cordura di nylon, o in stuoia di lana, con gli interni caldissimi in volpe argentina o in ermellino estivo. Per strutturare i blouson più corti e sportivi risulta perfetta la prestanza un po’ rude della pelle di cavallo oliata e trattata a tintura naturale, o della crosta inglese. Al contrario, la duttilità del cachemire più morbido permette di inventare blazer inediti, dall’àplomb perfetto: sono realizzati in maglia jacquard a motivi che ricordano le tappezzerie “Hexagon” di John Aldridge e rivelano una fodera mossa da ombre appena leggibili riprodotte sulla seta, che rimandano ai bronzi di Paul Manship…

La sera assume le sfumature dense di mille metalli ossidati e arrugginiti – bronzo, rame, rutenio, titanio – che insieme al nero e al bianco evocano un’intenzione di sofisticata nonchalance. Sopra la camicia a smoking, con il papillon sciolto, è sufficiente mettere la vestaglia dandy; il twin set in cachemire è arricchito da ricami; il soprabito in lana double lucida ha l’essenzialità della perfezione. Una propensione consapevole all’eleganza che non può fare a meno dei “must have” Ferré al maschile: dalle camicie candide fatte di innumerevoli nastri in gros giuntati, sino all’exploit alchemico dei tuxedo “masquerade”, in cui prodigiosamente si sposano seta stampata e damasco, velluto vissuto e ricami, in un tripudio caleidoscopico di bagliori e riflessi…

up2005pe

“Sono convinto che le regole senza tempo del ben vestire costituiscano la norma del buon vestire di oggi. Un principio che prevede lo snobismo della normalità e il suo opposto: quell’eccentricità che è espressione di carattere e insieme capacità di scegliere uno stile, anziché seguire semplicemente una moda…

Penso che la normalità sia quella dei completi da città grigi o blu, rifiniti con lavorazioni manuali che li rendono impeccabili e precisi. Soprattutto, li ho voluti leggeri e sciolti, come del resto ogni altro capo del guardaroba, utilizzando per questo textures ultralight, piatte, non armaturate. In generale, un’intenzione di eccellenza mi ha portato ad allargare lo sguardo, a ignorare limiti e confini, per individuare il meglio della tradizione tessile di ogni parte del mondo. Ho privilegiato le carature più pregiate delle materie di sempre – lana, lino, seta – mentre attraverso il cotone ho fornito un’inedita interpretazione della ricchezza, evitando che fosse un attributo soltanto del cachemire o della seta. Secondo una logica analoga, ho alleggerito e privato di corposità le pelli più rare – struzzo, canguro, renna al naturale – per accoppiarle al nylon e inventare blouson senza ingombro, che si accartocciano e si infilano facilmente in una busta…

Norma ed eccezione si confrontano anche nelle scansioni cromatiche e grafiche. Accanto al grigio urbano, al blu denso, alle tonalità pacatamente neutre – quelle della spugna grezza e della schiuma di mare – ho voluto anche il blu quasi azzurro del lapislazzulo e tante sfumature di rosso corallo, che accendono i ricami sulle camicie in georgette color carne e soprattutto le giacche da sera, sensuali e flamboyant. Anch’esse sono ricamate, costruite da mille impalpabili lembi di seta giuntati a patchwork e riportate alla severità dal pantalone nero da smoking, asciutto ed essenziale. Ho concesso spazio ai segni forti e accattivanti, alle macro-stampe che parlano di flora e di fauna con estrema fantasia. Sulle camicie e sulle vestaglie da portare con i pantaloncini corti a caleçon, il leone pare disegnato con il carboncino, mentre le squame del serpente risaltano come le tessere di un mosaico. Altre camicie senza peso, indossate sul pantalone quasi povero, sono animate da foglie e fiori, un po’ veri e un po’ inventati, riprodotti in negativo, come sulle lastre fotografiche di un tempo…

L’intenzione di originalità e di sorpresa è forte anche negli accessori. Le scarpe hanno la forma elementare e sottile del mocassino, con la suola leggera e felpata, ma sono in pelle di iguana, di cammello, di canguro o di cavallo. Gli occhiali hanno montature importanti, in cui il metallo si inserisce nell’acetato, o che si interrompono sopra le lenti. Il braccialetto ha la sembianza trompe-l’oeil dell’orologio, con il cinturino di cuoio e la placca di metallo al posto del quadrante. Mentre la cravatta in diagonale di seta, dotata di una semplice fibbia, diventa cintura. Perché il piacere della qualità si traduce sempre in inventiva. E in una personalissima rilettura delle regole…”

Gianfranco Ferré

up2004ai

“Se devo tracciare un bilancio, mi sento di dire che le forme di snobismo narcisistico dell’uomo sono ormai superate e che le espressioni del vestire odierno raccontano invece modi di essere, di presentarsi e di atteggiarsi. Parlano di canoni e regole che per me è normale e interessante rileggere stagione dopo stagione. Per questo, ho ricalibrato le forme e le proporzioni di giacche e cappotti, destrutturandone le spalle, alzandone il punto vita, rendendoli più asciutti e anatomicamente vicini al corpo. Senza esagerare, ho abbassato il cavallo del pantalone per accentuare la scioltezza della figura. Nelle camicie ho accresciuto l’importanza del colletto, che risulta svettante, con i bottoni posizionati verso l’alto affinché, quando c’è, enfatizzino la cravatta. Nei pullover ho sottolineato il bisogno di aderenza e di elasticità. Con un’intenzione deliberata di soluzioni pratiche, ho evitato lunghezze eccessive, fermando l’orlo dei paltò al ginocchio.

Questi piccoli-grandi interventi di precisione e di comfort scandiscono per intero la collezione, lasciando spazio a un’essenzialità eclettica, a un’alchimia di materie, a una sorpresa continua di scelte. A partire da quelle che determinano il colore. Un rosso denso e solido rende uniche le giacche da portare sulla camicia aperta e sul jeans azzurro stinto, quasi grigio, come le acque di un lago di montagna. Rosso, azzurro e testa di moro si sommano nei blouson in cuoio, piccoli e sostenuti come i giustacuore degli spadaccini o le giubbe dei cavallerizzi. Abbinati al pantalone da equitazione, con tanto di toppe e rinforzi, anch’esso vivace e multicolore, in un richiamo immaginario alle gualdrappe dei cavalli delle giostre medioevali.

Nella sua corposità invernale, il marrone rivela sfumature inaspettate. E’ brinato e marezzato, polveroso oppure lucente, si avvicina al piombo, all’antracite, al grigio roccia. Proprio per questa sua versatilità, l’ho utilizzato per definire materiali tra loro diversissimi: velluti lavati e rilavati, loden, feltri ultra-pressati, lane cotte che costruiscono completi e paltò sfoderati. Negli abiti più classici e urbani – portati però sulla camicia senza cravatta – il marrone è acceso da gessature e check color rubino.

Anche per il nero ho cercato connotazioni inusuali. E’ un po’ stinto e opaco nelle textures rubate agli indumenti da lavoro. E’ satinato nel nylon, che, solcato e rinforzato da elementi in gomma e in metallo, inventa giubbotti e parka simili alle corazze di potenti cyber-draghi. Regalano invece una immediata sensazione di pacatezza e di ricchezza i toni naturali accostati nei tartan di mohair, che ho usato per capi soffici e caldissimi come le coperte con cui proteggersi dal gelo durante le escursioni in slitta…

Assonanze magiche e speciali guidano anche la scelta di pelli e pellicce. Ho voluto interni di visone bianco per riscaldare i blouson e i cappotti nero totale, fodere di castoro dorato per i cappotti tartan, colletti di tasso duttile come un tessuto perché lavorato a telaio per i giacconi color marrone. Ho privilegiato le pelli di squalo, di rospo, di elefante, di chiguire: squamate, rugose, robuste, conciate al naturale. Spesso opposte tra loro, come nelle scarpe, solide e massicce, con tomaia, punta e fibbia fatte in pellami diversi.

Per la sera, mi è sembrato intrigante giocare con le opposizioni: il neo-tuxedo – con il suo rigore assoluto – e la camicia ricamata – che non può non esserci – ma anche incredibili giacche “masquerade”, fatte di mille tessuti differenti: colorati, damascati, ricamati, giuntati gli uni agli altri in verticale da larghe fettucce in velluto cangiante. Un caleidoscopio, prorompente e aggraziato, riequilibrato dalla camicia candida, oppure dal dolcevita e dal pantalone neri. Giacche che paiono esemplari d’epoca, autentici pezzi unici, pensati per un dandy senza tempo, romantico e spregiudicato. Ardimentoso e puro come Ivanhoe. Ribelle e temerario come il Barone Von der Trenk, che osò sfidare Federico il Grande di Prussia. Scapestrato e irriverente come il Tom Jones di Henry Fielding…”

Gianfranco Ferré