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Fondazione Gianfranco Ferré – Pagina 3 – Archivio online della Fondazione Gianfranco Ferré

da1992pe

Collezione Prêt-à-porter

“Sento il bisogno della naturalezza, di un approccio spontaneo e profondo… Come se andassi cercando la verità da cui nascono i sogni, la materia che nutre l’immaginazione… Così la paglia rimane paglia, ma diventa cedevole e morbida. L’organza viene esasperata nella sua leggerezza. Un soffio stampato a nuvole e cielo. Il blu è intenso e mutevole, come un mare tra scogli e spiagge. Accostato ai colori fortissimi dei giardini esotici… Ma suggerendo di tutto una lettura ampia e duttile, che risponde a tipi di donna diversi. Come ho scelto di fare nella sfilata, dove ogni modella indossa gli abiti che più le assomigliano e sono vicini alla sua personalità. Anche la sala più raccolta che ho voluto quest’anno parla di un gusto semplice, di un contatto vicino e diretto…”.

(da una conversazione con Gianfranco Ferré del 1 ottobre 1991)

La logica e la funzione

La giacca a uomo abbondante. La giacca stretta da portare a pelle, che quasi si trasforma in un vestito o in un costume da bagno femminilmente mosso. La giacca dalle tonalità decise che ha la disinvoltura di un pareo drappeggiato al fianco. Ma anche lo giacca bustier con il suo pareo. La giacca che sembra una muta da sub con la cerniera di plastica rinforzata. La giacca dai tagli anatomici che davanti scintilla di paillettes. Nei tessuti che sottolineano le caratteristiche intrinseche del capo: crêpe leggerissimo, crêpe di seta naturalmente elastico, gabardine o telone rustico.

Il senso delle proporzioni

Con lo giacca lunga lunga la gonna non ha ragione d’essere. Ma il vestito nitido e spoglio, all’americana, aperto su un lato, arriva alla caviglia. Passo danzante con le scarpe piatte. Passo ondulato e sinuoso in equilibrio sui tacchi.

Il gusto del colore

Nel cielo, sulla sabbia. Tra i legni, le conchiglie e i fiori. Tra paglia e bambù. Vicino all’acqua, dentro all’acqua, in fondo all’acqua. Tra le conchiglie spezzate che la mareggiata abbandona sulla riva, bianche e nere, traslucide. Di madreperla, la camicia di pitone leggerissimo cucito sull’organza. Di madreperla, il davanti della giacca leggera. Di madreperla e scaglie di conchiglie il costume da bagno dalla linea pura e forte, sgambatissimo. Riflessi perlati e d’argento per i tessuti laminati del monopezzo da star.

Il senso della sera

In una vera collezione di prêt-à-porter, bastano una stampa, uno scialle, una frangia che dondola al vento, per creare il gusto levigato della sera. Con le gonne vaporose di organza, veri o falsi pullover da uomo ricamati su tessuti elastici. Con la gonna di corallini d’oro, il caban di seta selvaggia bianca. Con i pantaloni blu, il giubbotto ricamato d’oro e madreperla: da cadetto romantico. Estremismi surrealisti, memorie di Elsa Schiaparelli e Oppenheim, per la pochette ricamata a pesce nella giacca bianca. O le maniche fucsia e giallo limone sul fondo rosa shocking. O la manica completamente nera sulla giacca di broccato ad anemoni di mare.

da1991pe

Collezione Prêt-à-porter

“Ho voglia di energia, un’energia vibrante che generi ottimismo. Ho voglia di realtà e senso dei nostri tempi. E insieme, voglia di sognare. Senza sguardi a un passato troppo recente di cui vedo tornare solo la parte più volgare e appariscente. Mentre io sogno emozioni forti, incontri totali con acqua, vento, sabbia. Una natura che trasforma la materia e aggiunge fisicità ai tessuti. Perché io vado cercando effetti di trasparenza, che esaltano il corpo in senso poetico o puramente sportivo…”.

(appunti da una conversazione con Gianfranco Ferré del 2 ottobre 1990)

Travolti da una nuvola di sabbia gli abiti diventano sportivo-mimetici e lievi, volanti. Tricot di nylon doppiato di organza, pullover spolverati di granuli polinosici come la finissima polvere che ricopre un costume bagnato. Sahara-jacket forti e costruite. A volte burnus. Pantaloni di tela paracadute. Tuta di nabuk bianco; ma aperta, scollata.

Stringendo, annodando, avvolgendo la ricerca delle forme si muta in dinamismo. La camicia balloon è tenuta da coulisse che gonfiano l’ampiezza degli spicchi. Quel che piatto sembra una ruota, indossato si rivela una tuta con lembi da gettare sulle spalle. Silhouette avvolta e scattante come quella degli uomini blu, con semplici rettangoli di stoffa drappeggiati addosso.

Esotismo mediterraneo, chiaroscuri del Sud. Spighette, nastri, galloni bianchi come trafori di stucchi. Luci e ombre, bianco e nero, ottenuto unendo la passamaneria sull’organza. Lucentezza di azulejos con il patch di ceramiche frantumate . Tesserine di ceramica sul costume da bagno, come un mosaico che all’improvviso si animi. Lino rigido e intrecciato che imita i lavori di ebanisteria.

Materie trasformate, alchemiche, inventate. Lycra spolverata di pelle e catalizzata. Tessuti che sembrano minerali, vegetali, di legno, di marmo. Lycra e taffetà cangianti pigmentati a broccato. Pezzi di caftano giuntati con raso per pullover ed accappatoi di spugna.

Dolce scivolare di tessuti. Seta lucida da lingerie per le giacche dalle proporzioni insolite con la vita spostata verso l’alto e senza colletto, o per la camicia lunga sul pantalone largo. Duchesse e shantung per il caban con la camicia. Seta selvaggia nei toni burrosi e cremosi. Rasi doppi e sostenuti per i tailleur formali, con un irresistibile scollo sul dorso.

Il segno Ferré. La camicia di organza bianca leggera e areata, trattenuta da una sciarpa di taffetà sui fianchi. La cromia astratta dei neutri, sabbia, terra, blu.

L’esplosione orientale di rosa, zafferano, buganvillea, gelsomino. L’eleganza selvaggia della pelle e dell’anaconda.

Nella camera delle meraviglie, nel baule che nasconde tesori. Broccati. Grafismi di organza bianca e nera con la lucentezza dell’onice. L’iridescenza della madreperla: ricami di bottoni, incrostazioni su disegni e stampe. Righe baiadera. Jumpsuit che termina a scarpa.

Una folata di vento, una nuvola di sabbia. Come un sogno, sul vestito resta l’impronta di mille granelli che disegnano la curva del seno, la voluttà del fianco.

da1991ai

Collezione Prêt-à-porter

“Humor all’inglese… Con quel divino tocco di eccentricità del maschile rovesciato al femminile, delle regole così esasperate da diventare eccezione, dello spirito d’avventura che mantiene il senso interiore della forma… Un vestire molto urbano. civilizzato e nello stesso tempo ironico, che gioca sulle contrapposizioni e sui rimandi. Perché disegnare una collezione per me significa anche attingere a un patrimonio costante di forme e consolidare le classiche voci Ferré: camicia bianca, redingote nera, ascot di picché bianco o di castoro rosso… Ma immerse ogni volta in un sogno diverso…”

(appunti tratti da una conversazione con Gianfranco Ferré del 13 febbraio 1991)

Il nitore della forma: tonda, naturalmente sostenuta, o vicina al corpo. Con qualche accenno di silhouette lunga.

Lo strato compatto del colore: rosso e nero con tocchi di bianco. Il rosso Ferré che si mescola, si diluisce, diventa un rosa quasi fluorescente.

Il languore di abiti nati maschili: la giacca a smoking sagomata dai drappeggi invece che dalle pinces. La giacca lunga tipo marsina. Il mantello ispirato al Mackintosh da caccia, ma di gros color fuoco. Il paltò alla caviglia di cuoio scuro come un buon vino, dalla foggia da aviatore che sarebbe piaciuta ad Amelia Erhart, indossato sulla camicia di georgette. L’anorak di pelle immacolata, quasi da sci, imbottito di struzzo o stampato a piume bianche e nere.

Il senso di un calore lussuoso: cappotto a vestaglia in orsetto di alpaca, doppiato di raso e profilato da uno spruzzo di pelliccia interna. L’argentina gigante, sempre di alpaca. Il pullover con i bordi di marabù da portare con i jeans di moiré grigio. La tuta nera con

La trasformazione di tessuti e disegni attraverso una magica lente di ingrandimento che esaspera e dilata: come gli overcheck dei cappotti da uomo appoggiati su una rete di ciniglia che crea effetto chevron.

La miscela alchemica di materiali e sfumature, di fogge e forme, per un bal masqué carico di misteriose allusioni. Ruches come creste, penne di fagiano per le maniche di un abito a pois quasi impercettibili. Lo scialle di nylon plissettato che sulla T-shirt si trasforma nella ruche di un animale da favola. Il point d’eprit come un soave maculato, le piume di tulle sul vestito grigio. Simili a fagianelle e tortore di una voliera fantastica.

da1990pe

Collezione Prêt-à-porter

“Impressioni, appunti volanti… un’estate a Capri oziosa, spensierata… Ho pensato a questa stagione felice, al gagà con il polsino al vento e la camicia sbottonata sul petto nudo, il fiore all’occhiello. Al vestire maschile con humor. E l’ho declinato con il massimo dell’ironia per una donna molto femminile. Manipolando e destrutturando forme canoniche per disegnare giacche senza maniche e doppiopetti che non si allacceranno mai, sfoggiando i bottoni solo come decoro… Ma ho lavorato anche per ottenere un’abbondanza naturale dei volumi, con maniche ampie, fogge che si svasano al fondo aprendosi spontaneamente, forme elementari, semplici come teli… Vibra un eco napoletano in questa collezione, con la fantasia e la libertà di inventare, adattare, mischiare… Perché ho cercato il Mediterraneo, la sua rilassatezza ma senza viaggi lontani, senza esotismi… “.

(appunti da una conversazione con Gianfranco Ferré del 2 ottobre 1989)

Rievocazioni sottili, chimere evanescenti. Il pantalone viene sostituito da una gonna plissé soleil, realizzata nell’identico tessuto della giacca. Un’impalpabile crêpe de chine, una lievissima grisaglia di cadì, un tenue fil-à-fil di lino da camiceria, una trasparente grisaglia di organza.

Tutti i canoni dell’abbigliamento maschile sono esasperati fino a distillare un’essenza ultrafemminile. L’impermeabile “da cavallo” dilatato come una camicia extra-size in organza-grisaille e portato con i pantaloni in sablé di seta. Il garofano che il dandy sfoggia all’occhiello enfatizzato e ingigantito. Così lucido di rugiada mattutina da rivaleggiare con il pitone a squama grossa e il tricot laccato che imita il pitone. Il vestito da uomo di gabardine cangiante nella versione vacanza caprese perde le maniche e aggiunge un mazzo di garofani di paglia. Le argentine che scivolano giù dalle spalle sono di voile di seta cangiante, il blouson maschile è di marabù foderato di georgette cangiante e impunturata. Tra citazionismo e decorativismo, i must del collezionista – orologi, penne, accendini – sono stampati sulle camicie-t-shirt da infilare distrattamente sopra la gonna di cuoio.

Viaggio tra le sensazioni, itinerario tra le impressioni. Rimandi sottili per generi e categorie. Dalla gabardine gessata nascono giacche a vestaglia, caban sciolti come accappatoi, foulard di georgette stampati con l’identica riga. Il gioco dell’accappatoio porta al trench bianco corto al ginocchio (popeline, pelle, cashmere leggero e sfoderato) ingentilito dall’ajour che sostituisce le cuciture. Il pantalone ha la mollezza del pigiama, il pullover alterna spugna e satin bianco. Aria di Capri, tonalità brillanti e profumate. Corallo chiaro, blu oltremare, verde fondale marino, azzurro onda, rosa bouganville. Il bianco dei completi pantaloni in crêpe de chine. Camminando sotto il sole, i pergolati regalano frescure improvvise: stampe in positivo/ negativo sovrapposte, scompigliate da un soffio di vento. Intrecci traforati – simili alla paglia – in pelle e tricot di viscosa, cotone e nylon “da calza”, drappeggiato naturalmente con strisce che si incrociano. Righe tipo sdraio che sfuggono alle leggi della geometria e grazie ai cali girano e si torcono. Vestiti fluidi, forme piatte.

Costruzioni elementari per architetture molto complesse. Ma le sedie tripoline rimandano al costume da bagno in crêpe di lycra nero, bello come un vestito ritagliato da una forbice magistrale. Ai caftani di camoscio lunghi e scivolosi, alle camicie multicolori sui pantaloni sottilissimi. Incrostazioni, passanastri e pizzo macramé si intrecciano al tulle e al serpente bianco. Trafori sull’organza e sul tulle. Smoking che hanno le stesse trasparenze e lasciano balenare le gambe nude. Colpi di luce sul fil-à-fil di lino ritorto d’oro. I colori delle piastrelle salernitane per i preziosi tessuti ricamati a simboli scaramantici: luna, cupido, stelle, corallo, scarabeo…

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Collezione Prêt-à-porter

“Potrei descrivere questa collezione con una frase soltanto, una battuta a metà tra la fantasia e la memoria… Un marinaio d’indole romantica, che si é innamorato delle Hawaii… Così il senso dell’uniforme, il lindore del bianco e del blu, la fragranza del piquet, l’asciuttezza della gabardine si contrappongono alle forme languide, femminili, che nascono dal gesto naturale dell’avvolgersi e dell’allacciarsi. Contrastano con i colori vividi dei fiori tropicali, pieni di riflessi, quasi zuccherini… E la libertà di atteggiarsi suggerisce la massima dolcezza dei comportamenti…”

(appunti da una conversazione con Gianfranco Ferré del 26 Settembre 1988)

Conseguenze impreviste. Lo spirito avventuroso del rosso unito al blu come un gagliardetto emblematico. Il bianco e il blu che si rispecchiano in strani e fantastici decori, come tolde e prue di navi. Le manciate di fiori che diventano gonne in lunghi abiti – camicia, annodati e trattenuti sui fianchi. Come la blusa di marocain viene fermata alla vita dalla classica cummerbund.

Gesti deliberati. Stringere la gonna di tricot leggero: un triangolo di lana fredda. Far scivolare la camicia – non camicia: un foulard bordato di satin blu, annodato su una spalla. Serrare le bluse con grandi foulard di garza annodati sul seno.

Contrasti apparenti. La camicia in voile di cotone o di organza con plastron di piquet sui pantaloni morbidi in crêpe o raso di seta. Il pullover a righe bianche e blu sui pantaloni di satin. La gonna-pareo a strisce con le giacche di piquet e la sciarpa a righe da cui spuntano ciuffi di fiori.

Slanci allusivi. La gonna a grandi pieghe di tulle tempestata di “chiari di luna” come il tradizionale tailleur di marocain blu. Lo spolverino ondeggiante in tulle di camoscio forato e leggerissimo o in garza di seta trasparente. Il vestito con una piccola cappa blu, che si arriccia su un fianco come se fosse stato infilato un po’ troppo velocemente.

Segni di ricami. Effetti di piquet ricamato sui davanti delle camicie. Il macramé di cordini cerati. Il taffetà cangiante lavorato a nido d’ape per le giacche a uomo. Decori, nastri, bandoliere di metallo.

Umori marini. Il costume intero da ginnastica in tulle blu. Il pigiama da spiaggia di satin a righe bianche e rosse. L’accappatoio di velluto nero. Il costume bianco con inserti di velluto nero elasticizzato.

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Collezione Prêt-à-porter

“Ho cominciato a disegnare questa collezione spinto da un desiderio impreciso e fortissimo: la leggerezza, il turbinare soffice della maglia e della pelliccia, la forza silenziosa di certi colori… il beige, il nero, il bianco, il grigio,il rosso… Una gamma di tonalità classiche che mi rimandava a materie impreviste. Compatte, ma con effetti di rilievo, disegnate ma non stampate, morbide ma non cascanti… Materie che si esprimono attraverso i volumi. Giochi di assimilazione, con rimandi ottici precisi… Mi piaceva sottolineare una predisposizione istintiva all’eccentricità, ma sbarazzandola da ogni enfasi con un atteggiamento sportivo… II cappello che scende fino a coprire gli occhi perché forse non sono truccati, il trench legato da una cintura forse maschile, forse di georgette, forse una sciarpa con le frange. Le tuniche per cento occasioni, tutte beige, tutte confortevoli come djellaba … Così, lavorando, mi sono accorto di provare un profondo desiderio di serietà, ma non statica, noiosa… e che il convenzionale mi offriva infinite possibilità di intervenire in modo anomalo…”.

(appunti da una conversazione con Gianfranco Ferré del 27 febbraio 1989)

Sui percorsi dell’illusione e dei parallelismi segreti, il bianco e nero dilagano, naturalmente, nelle strisce della zebra. Il cammello pieno e denso ondeggia e si muove fino a trasformarsi in magico maculato dalle origini misteriose. Il grigio della flanella, naturalmente marezzata, sconfina nei saggi craquelé dell’elefante, fra infinite pieghe e minuscole rughe. Il marrone assume le trasparenze e la plasticità della pelle di struzzo grazie a tecniche nuove, velette, point d’esprit.

Nel segno dell’invenzione, come nel magico Henry Rousseau, detto il Doganiere, le volpi stampate e intarsiate creano naturalmente nuove pellicce a macchie. La zebra si gonfia, voluminosa, intrecciando volpi e finto pelo. La tigre nasce dal casto connubio di peli diversi. Il lapin, doppiato con la georgettè, è stampato a giaguaro.

Sul filo dell’illusione, tra fantasia e memoria, il falso vero rimanda al vero finto. Mescolato al tweed, scaglia su scaglia, il pitone forma superfici indefinite. Tagliato a strisce e applicato sulla maglia, il coccodrillo svela una natura duttile e arrendevole. Da reinventare anche con il velluto trapuntato e il gazar stampato a caldo. Sfrangiato, il pelo di Agnona borda golf, sciarpe e guanti. Intarsiata, la zebra fodera la giacca sciolta come una robe de chambre. O movimenta il trench stampato di cavallino.

Ricercando le affinità elettive tra forma e colore, la silhouette guizza compatta: tutta opaca e tutta lucida. Il grigio annega nella dolcezza del cachemire e del mohair. I classici disegni zig-zag, da uomo, hanno la nuova corposità della maglia. I toni forti, intensi, danno naturalmente slancio alla più molle delle gonne di camoscio, al trench di moiré, al cappotto-vestaglia da annodare in vita.

Ripensando all’eleganza di una sera d’inverno, la camicia, in crêpe de chine, ha scolli, aperture, varchi come fosse sempre sul punto di scivolare. La gonna di gazaar, a coccodrillo o a pitone, completa la T-shirt minima, più preziosa di un gioiello. Il vestito scivolato ha il colletto simile a una sciarpa ad anello. Il cappotto di taffetà cangiante, bordato di pelo, si porta come una stola, appoggiato basso sulle spalle.

da1988pe

Collezione Prêt-à-porter

“Mi sono preso la libertà di affrontare il vestire “classico”. Una doppia libertà: da parte di chi se ne appropria e da parte mia, che l’ho voluto rileggere cercando vivacità e snellezza nelle dimensioni e nel modo di accostare, sovrapporre, unire i singoli pezzi. C’è un senso classico perfino del colore, che non significa necessariamente blu, ma un certo modo di accostare i colori vivaci.

E un gusto classico del vestire mondano, da moderna marchesa Casati che ha scoperto il dono dell’ironia.

Ho riaffermato con decisione anche la continuità dello stile, rielaborando concetti secondo una ricerca attuale. Sottolineando quella costante di sartorialità e costruzione che determinano la qualità dell’abito. Il tutto in chiave di assoluta femminilità”.

(da una conversazione con Gianfranco Ferré del 28/09/87)

Ben vengano il rosso e il turchese, il bianco con un tocco di nero, il porcellana del cielo a Sidi Bou Said, ma sposati secondo lo spirito della vacanza: il turchese con il rosso, il turchese con il bianco e il beige, che danno un senso di respiro, di spiaggia. In tessuti opachi, lievi, croccanti come il gazaar di seta.

Ben venga il sottile brivido di simboli e allusioni marinare, ancore, conchiglie, pois e righe capresi, stelle: ingigantiti, trasformati, in bassorilievi di pizzo o usati come stampe.

Ben tornato al gusto ironico del vestire mondano, di chi ha imparato la lezione di Gastone e del gagà anni Trenta. Con spencer minuscoli sulla camicia di organza, che per rispettare la fluidità della linea ha il dorso nell’identico tessuto della giacca. Con scie intriganti di organza e georgette: sciarpe, nodi con lunghe cocche, foulard. Con le fusciacche strette più volte intorno alla vita, per un vago effetto bustier.

Ben arrivato al gioco sottile dei rimandi. La pochette di organza diventa un fazzoletto legato al collo, oppure il colletto del pullover di maglia incrociato e strettissimo. Oppure il vestito annodato a sacchetto: di gazaar leggero che sprizza rotondo come un palloncino sulla gonna diritta o sul più normale pantalone bianco.

Ben giocata, contraddizione. La gonna di coccodrillo pesopiuma si accompagna alla camicia e al trench di taffetà. La blusa di lucertola color fango ai pantaloni di marocain grigio trattato peau de pêche perchè mostri una mano vellutata. Le borse funzionali, da donna in carriera, diventano imprevedibili ed eccessive come una decorazione.

Ben accolti, gioielli inventati e improvvisati. L’oblò bordato di pelle o di metallo a vista sui caban e sui pullover di nappa double face. Le conchiglie d’oro o laccate di nero da appuntare sulla giacca. Le conchiglie ricamate in rilievo sulle camicie di georgette elasticizzata come un contemporaneo macramè. La spilla gigante di ottone per fermare maniche e scollature, o per ornare il giubbotto di pelle.

Ben visto, l’imprevisto. Il costume da bagno di taffetà o di georgette elasticizzata, con un gioco di pure trasparenze. Il pullover marinaro azzurro e blu, che sembra rigato di nero e invece è l’effetto ottico di una sciarpa di georgette che lo sostiene alle spalle.

Bella sera, la sera. Con gonne corte a calice rovesciato, di taffetà e di gazaar. Con i foulard di georgette annodati che sostituiscono la gonna e le magliette incrostate di conchiglie. Con il vestito scollatissimo di gazaar bianco e il blazer trompe-l’oeil. Con la serietà impudica di una camicetta bianca ridotta come una sciarpa, pantaloni da smoking e guanti neri. Con il corpo esibito da un gioco di trasparenze, di linea (la giacca enfatizza il segno della vita, che scivola verso l’alto). Dal gesto insistito di annodare sciarpe e fusciacche, che potrebbero improvvisamente sciogliersi…

da1988ai

Collezione Prêt-à-porter

“Affiorano due umori in questa collezione, due desideri che sembrano opposti e invece mostrano punti sotterranei di contatto. Il bisogno di nitore, di una precisione elementare dei contorni e il desiderio di un guizzo imprevisto … Un tocco di civetteria infantile, un languore che sembra nascere da un sogno, la memoria di vecchie fiabe … C’é la volpe che corre dappertutto, dall’orlo del cappotto alla cintura. Ci sono il lampo di un paio di scarpette rosse e il candore delle camicie. Ci sono la ricchezza un po’ stazzonata dei velluti, l’opulenza dei broccati e delle spille di ottone brunito … Per un senso di gioco, per affermare una libertà di gusto e di ispirazione. Infatti mai come oggi l’immagine mi appare svelta, morbida, vivace. Nitida”.

Gianfranco Ferré

Forme elementari, ma con un guizzo di infantile civetteria. Sempre la camicia bianca, sempre il candore di un polsino, lo sbocciare di un colletto; sempre il tocco di una pochette ricamata.

Giochi di abilità, come il rincorrersi delle parole in una sciarada. La volpe che orla il cappotto di lana cotta può diventare la cintura di un pullover, bordare il tricot di cammello, diventare il trompe-l’oeil di una giacca. Il fazzoletto che sprizza dal taschino diventa un pizzo; il pizzo diventa una giacca – però nera e gommata – o si ingigantisce fino a trasformarsi in uno strascico…

Impreviste morbidezze. Il trench: ondeggia per il taglio a godet, lo sweater sportivo si allarga dolcemente sopra la vita.

Contrasto del montone red and black per il giubbotto tipo ussaro, lucentezza del cavallino nero per trench e tailleur; provocazione del coccodrillo stampato sul montone.

Gusto dandy per la giacca simile a una lunga marsina; per il cappotto stretto e il trench punteggiato da bottoni d’oro; per la giacca di broccato contraddetta dai jeans di camoscio stinto.

La coincidenza tra aspetto e contenuto. Ogni forma ha il suo tessuto, ogni tessuto ha il suo colore canonico. L’alpaca, il montone ultramorbido, il cashmere variano dal burro al caramello. Lane pettinate, gazaar e raso splendono nei toni dei rossi: immancabili – ricorrenti – nero, blu e bianco.

N. B. Ci sono tecniche elaborate in questa collezione. Il velluto di cotone e viscosa è lavato per ottenere pieghe e ammaccature, il pizzo immerso nella gomma. Le stoffe sono doppiate, il taffetà cangiante incollato. Per ottenere l’effetto sorprendente di un’ eleganza trasognata, immersa in una specie di incanto.

da1986pe

“Sono oggetti che hanno una propria autonomia, che vivono da soli, svincolati dal prêt-à-porter. Oggetti con un’identità precisa, fatta di qualità, gusto per il dettaglio, attenzione per i materiali impiegati. Perchè mi è piaciuto riscoprire certi vecchi cuoi inglesi o perfezionare il mio Gumi… ritrovare la tradizione e accostarla al senso del nuovo…”

Il VIAGGIO. In cinghiale o in materiale plastico, le valigie molli, da buttare sul sedile dell’auto. E quelle rigide, come “scatole viaggianti”, che rispecchiano un modo di vivere cambiato, dove non c’è più posto per la giacca ammaccata e i pantaloni stazzonati. (E infatti i torna a usare il portagiacca).

Il PASSO. Scarpe tradizionali con soluzioni e materiali inediti. Per le suole, tre strati di bufalo, silenziosi e felpati (di quello usato in genere per le scarpe per bambini), un tacco sagomato a coda di rondine, che può trasformarsi in zeppa di cuoio o di poliuretano elastico per una scarpe confortevole, che non perde mai la femminilità. Per lui, espadrillas di nabuk, pecary, cuoio inglese a tintura vegetale, che non scolora nè macchia.

L’ELEGANZA. Pochette dalle dimensioni ben calibrate (per un rapporto di gestualità preciso, visto che la borsa contiene altri contenitori). Borse a cartella, a secchiello, di forma arrotondata, con lunghi fiocchi sfrangiati, tracolle di raso con il fiocco piatto, pellami a contrasto. Raso a righe, impermeabilizzato all’interno; picchè di cotone gommato rosso e blu, a disegni di vecchia coperta; rete tipo sedia impagliata; vitello stampato a coccodrillo; lucertola pastello e cinghiale: per una young lady dal carattere austero.

da1986ai

Collezione Prêt-à-porter

“Naturalezza portata fino al rigore, senso libero e liberato del glamour: per disegnare la collezione mi sono mosso tra questi due estremi, l’uno conseguenza logica dell’altro….Ho liberato i gesti – aprendo la camicia, eliminando i bottoni, stringendo la vita con un nastro – e ho dato forma a un’immagine molto intensa, che affida la propria femminilità agli atteggiamenti, al movimento. Che calamita l’attenzione sulla cintura. Ma senza nostalgia, senza operazioni rétro. Perché mi interessa costruire una nuova tradizione, guardando gli elementi canonici del guardaroba con una logica diversa. Si può intervenire sui dettagli del trench, annodarlo con un nastro di moiré, colorare una silhouette futuribile insistendo, dal guanto al vestito, su una sola sfumatura. Mi attira la compattezza e la neutralità di una figura continua, che non si interrompe …”

Gianfranco Ferré

Nitore e cromatismo. “L’idea di una sessualità felice, dolce, sensuale, piena di giubilo, si legge nella pittura, o meglio nel colore” Roland Barthes. Una certa tendenza concettuale, il gusto di minimizzare per arrivare a un massimo di seduttività. La nuova snellezza del breve e aderente, con giacche in miracoloso equilibrio tra vita sottile, spalle importanti e fianco arrotondato. La sinuosità del morbido e segnato: nelle giacche di jersey “ammaccato” strizzate dalla cintura. Nel tricot a punti evidenti (trecce, coste, effetto spugna) stretto in vita perché si gonfi. Nel paltò a trench, legato da un nastro di raso.

Contrapposizioni, esasperazioni e vivo senso della materia. Cashmere nei toni, del cashmere, i mordoré e i gold del mohair di alpaca a pelo lungo e delle nappa da guanti. Sfumature naturali, ma perfettamente urbane (“La città è una realtà che ci appartiene”, dice Gianfranco Ferré). Una paletta festosa (e fastosa) di coralli e di rosso, con la brillantezza dei tessuti nobili: mohair, seta selvaggia cangiante, organza. Monocolore interpretato: a ogni materiale la sua sfumatura (pur esempio, guanti di cashmere con rovescio di pelle e cappotto di cashmere). Un filo bianco per uniformare o spezzare: la camicia nello stesso tessuto della giacca e della sciarpa. La t-shirt sotto i caban di jersey, il cardigan da sera di organza sulla gonna corta di lamé. La giacca di cadì, legata da un nastro di moiré beige.

Trasposizioni e interpretazioni. Il cardigan diventa un paltò di mohair; la tuta, nella sua variante femminile, si trasforma in un abito nero e diritto, con la cerniera nascosta e il collo alto. La camicia cresce fino ad assumere le dimensioni di un cappotto. I colletti dei pullover si allungano/allargano a dismisura. Le stampe iperrealiste che decorano t-shirt e camicette raggiungono dimensioni giganti, che giustificano tagli e ritagli. Moiré, faille, lamé preziosi (realizzati con fili “cascanti ” o spirolati, una tecnica del 1920) per “The Lady of Quality”, come Velasquez intitolò un suo famoso ritratto. Fresche camicie di organza sui pantaloni, polo lucide, pantaloni di moiré e blouson ampio buttato sulle spalle. Gonna e blusa serrata in vita, senza colletto e doppiata. Per raggiungere quella semplicità sofisticata che diceva Oscar Wilde, “non è che una posa”.

da1985pe

Collezione Prêt-à-porter

“C’è molta tranquillità, molta calma interiore in questa collezione, molta cultura nel senso di comportamento acquisito. Perché l’aggressività, il bisogno di affermazione, la disinvoltura programmata appartengono al passato, sono state macinate lentamente e assorbite solo quanto basta e si sente necessario. Mentre oggi riaffiora un senso di quiete e di semplicità, che si traduce nel comfort per il comfort, nella scelta spontanea di ciò che piace, sia l’espadrilla di cinghiale ricamato sia la décolleté a scultura, che mescola la zeppa con il tacco. Niente è innaturale o artificiale. Anche i lembi che si piegano, si drappeggiano, si avvolgono intorno al corpo nascono da gesti semplici, istintivi… Con un nitore che ricorda certe discipline orientali… Così mi sembra che questi abiti alludano a qualità particolari: l’individualità, l’intelligenza, l’autonomia. Come se dicessero: la moda sei tu”.

(appunti da una conversazione con Gianfranco Ferré, 1 ottobre 1984)

E’ il momento di scegliere liberamente e con naturalezza:

le giacche smilze, più corte dietro più lunghe davanti, per un effetto verticale e sfuggente.

Le giacche oversize di georgette pesante: quasi una camicia da uomo con effetto di pieghe invisibili sotto il cannoncino, da abbinare alle camicie in garza di cotone.

I pantaloni morbidi, comodi, abbondanti con tasche tagliate tra le pieghe, in tessuti inediti: taffetà di seta, popeline di seta, fiocco di cotone. La giacca affidata alla spontaneità di un nodo che raccoglie l’ampiezza, davanti strizzato, dietro blusante. La tunica diritta con il pannello sovrapposto, che crea drappeggio semplicemente infilando le mani in tasca. L’abito dinoccolato e spoglio, con la sopragonna a pieghe in mezzo sbieco, non stirate che ondeggiano al passo. I pullover rettangolari, il collo a occhiello, da infilare con sovrana indifferenza: davanti o dietro non importa, ricadranno mollemente in scollature abissali. Le gonne giganti da annodare a fascia e lasciar spiovere in pieghe centrali. I costumi drappeggiati in pieghe minute e naturali (effetto della sovradimensione della lycra). Il cervo double face per i camiciotti dalle spalle sostenute ma spioventi, con il bordo a sciarpa di seta per annodarlo più strettamente. Le nuove formule del nero: la gonna di marocain appuntita e allacciata fittamente come un gilet, con la camicia da smoking di organza trasparente.Il vestito bustier, sempre con le doppie punte e l’allacciatura fittissima con il fazzoletto infilato nelle tasche, o che sbuca alla cintura, o che ricade su; dorso (è il dettaglio rivelatore della stagione). I pullover o le canottiere a coste in filo d’oro, i cardigan e gli sweater di marocain come le gonne etniche. Gli stampati vortice a disegni concentrici, la spugna di lana e seta, la garza di cotone “inamidata”, la fiandra, la doppia- seta tinta in filo, il lino tessuto a trama larga, rubato alla collezione uomo, seguendo due gusti opposti ma non contrastanti: tessuti morbidi e sfiniti, tessuti scattanti e fruscianti. I colori opachi e densi, come il blu unito al marrone e al nero. I colori energetici da bonzo tibetano, giallo e arancio. I colori spirituali, bianco assoluto, bianco relativo e sabbiati.

PER UNA COLLEZIONE ZEN (da leggere, volendo, secondo la massima zen “Nel camminare, camminate. Sedendo, sedete. Soprattutto non tentennate”).

da1984pe

Collezione Prêt-à-porter

“Sinuosa ma con ironia, seria ma ammiccante, un guizzo di umorismo… Mi piacerebbe dire “bentornata” a questa donna per cui ho disegnato la collezione. E’ stata mia complice nei viaggi, ha condiviso scoperte di climi e di colori, si è appassionata alle stesse avventure. E’ libera e consapevole… Indossa le forme più semplici, ma le serra strettamente sui fianchi, una fascia altissima, impunturata, che schizza la silhouette e suggerisce movimenti felini.

Sceglie la giacca maschile per una forma di sicurezza, per riconoscersi in un classico, poi la smentisce con una cravatta gigante a pois che ha la stessa funzione del top. E si diverte a mescolare le carte… Infila pullover con scollature abissali, alterna il lungo-lungo (80 centimetri) al lungo che copre il ginocchio… Assomiglia un po’ alla compagna di Finch-Hatton, il grande cacciatore, un pò alla protagonista di una canzone di Frank Sinatra, The lady is a tramp. Ha questo gusto vagabondo nel mescolare pezzi e objets trouvés, che ha imparato ad apprezzare in India o in Africa… Ma depurati, filtrati. In un certo senso purificati”.

(Gianfranco Ferré, appunti da una conversazione del 26 settembre ’83)

Ritrovare nuovi concetti e nuove parole dell’abbigliamento:

I drappeggi. Sono la soluzione imprevista per il colletto, ora sul dorso ora sul seno: un risvolto misteriosamente tubolare illanguidisce la forma a T, spoglia e diritta, degli abiti, mentre spesso lacci piatti, a bretella, si incrociano a grata e mimetizzano la scollatura.

Le canottiere. Invece delle camicie, ma insolite, bizzarre. Strutturate con tagli sbiechi, fasce, pieghe, evitando l’eccesso della ricerca, del disegno per il disegno.

Il doppio. Mai credere ai propri occhi: sotto il caban si muove liberamente una fodera di seta. Il blazer, spalle energiche, cintura-bustino, si rispecchia nella giacca ingrandita tipo spolverino. La giacca-blusa, sciolta e leggera, si infila sotto una giacca-giacca fotocopiata.

Il trench. E’ un vestito, una cintura, una situazione: un abito di gabardine dalla gonna sagomata e sfuggente, ampi revers, e una cintura alta 15 centimetri per strizzarlo in vita.

L’argentina. Lunga, ampia, di camoscio, con il bordo in tricot alto più di una spanna, che ripiegato mostra tinte contrastanti.

La giacca tipo Ascot. A quadretti, in grisaglia, spina pesce, con un gilet allusivo e una gonna che sfiora la caviglia a disegni cravatta (ma per la sera).

Il pijama. Languore, morbidezza, estetismo della giacca in doppio marocain bianco, della canottiera di raso, dei pantaloni molli, disegnati in vita da una fusciacca preziosissima.

La leggerezza. Quasi un manifesto programmatico: contro tutto ciò che è rigido, pesante, sostenuto. Le garze sono aperate, lo shantung è impalpabile, la crepella di lana sottilissima ( mentre la mano, ingannevole, suggerisce corpo e sostanza ), il crêpe de chine a doppia frontura imita un effetto di righe maschili, la gabardine peso piuma, sfoderato, è unita alla nappa setosa tipo camicia.

La Revue Nègre e una vaga allure Joséphine Baker, quando furoreggiava nel music-hall e tutta Parigi scopriva l’arte, la musica nera. Disegni bengala positivi e negativi che arrivano a declinazioni di blu impolverato, il blu che si mescola al grigio pietra e al viola. Le gamme del mastice. Il fucsia, l’arancio, il corallo nelle sfumature fredde delle sete a tintura vegetale.

“Amo la regola che corregge l’emozione”

Georges Braque

da1983pe

Collezione Prêt-à-porter

“Se penso a una donna per la mia collezione, ha l’aspetto, il sorriso, gli abbandoni di Ava Gardner in “Mocambo”. Occhio di velluto e sopracciglia di china, capelli tempestosi e orecchini di smeraldo. Immagino una personalità, insomma, oltre a un volto preciso. Un’allure volitiva, energica, una voce profonda, appena di gola. Perché ho scelto linee diritte, colori elementari, temi classici; un rigore assoluto per soddisfare caratteri colto complicati. Penso anche a un ambiente, a un paesaggio tropicale, Messico forse, o Haiti. E’ un sentimento, una somma di impressioni. Odori, spezie, il cacao e il rum, un caldo che sale dalla punta delle dita e fa imperlare la fronte un camiciotto da campesino, un frutto maturo spaccato a metà. Tabacco e un panama per ombreggiare il viso. Il più maschile dei carrelli sopra una bocca scura di rossetto.”

(appunti tratti da una conversazione di Gianfranco Ferré del 25/9/’82)

“… La difficile bellezza delle linee semplici”.

Gabriele D’Annunzio

Eliminate le pinces. Eliminata la fodera. Eliminati i bottoni. Resta una forma continua, una struttura morbida, che prende volume dalle spalle, con enormi e leggere maniche chauve-souris. Le camicie sono realizzate in un pezzo solo, una cucitura sul lato, un drappeggio sul davanti. Oppure due lembi di pieghe fittissime da incrociare e da serrare con una cintura di cuoio. Oppure una cascata di charmeuse di seta, che si ripiega estenuata come una sciarpa. Caban morbidi, sciolti, in gabardine secco: perfettamente doppi, l’uno sull’altro, per sostituire fodere e rinforzi. Spolverini con paravento in tessuto e la tasca orizzontale che diventa marsupio. Giacche di panno con l’interno simile a un gilet. Basta lo slancio del passo perché ondeggi, si muova, vortichi intorno al corpo.

“… Il lusso è un godimento dello spirito”.

Oscar Wilde

Seta cruda, charmeuse di seta, raso pesante di seta, shantung di seta: per doppiare il davanti di una giacca di grisaglia; per il vestito stampato a foglie di tabacco giganti, con maniche esagerate che nascono dal fianco sottile; per l’abito-camicia che si appoggia mollemente in vita; per il tuxedo, con o senza maniche dal panneggio asimmetrico; per i pantaloni da Smoking, un mazzo di pieghe stirate invece della banda lucida laterale. Pelle scamosciata, vellutata, morbida: per la tuta da farmer larga e diritta; per il blouson abbondante appoggiato sui fianchi; per i maillot scollatissimi; per la gonna-straccio con la cintura regolabile tipo stuoia.

“Due donne stavano prona davanti a grandi vasi di terracotta, sotto ai quali, in un buco del terreno, ardeva un fuoco lento. E una prese una manciata di fiori secchi, d’un colore giallo bruno e li getto nell’acqua. E osservò i fiori salire a galla e girare piano piano nell’acqua che bolliva. Allora ci versò sopra una polverina bianca”.

D. H. Lawrence

Colori primitivi, naturali, di terre arse e asciutte: marrone semi di cacao, marrone tostato, bianco, bianco latte scremato, bruno da canna da zucchero, nero. Tonalità di bacche e frutti: mirtillo, succo di mora, verde foglia. Sempre tagliate da tonalità scure, intense, quasi notturne.

da1983ai

Collezione Prêt-à-porter

“Il gioco degli opposti… la luce e l’ombra, yang e ying, uomo e donna… Capovolgere, mescolare, sovvertire la regola per scoprire il principio che quella regola ha creato…

Quindi utilizzare i tessuti tipici del guardaroba maschile, con la loro tradizione formale, per abiti femminili, senza sospetto di rigore o di severità. E spostare quelli femminili verso una linea sempre più austera. Ricostituire gli elementi classici dell’abbigliamento, gonna, blazer, abito, come una nota ricorrente … Immaginare, per questa donna che si evolve, nuove regole di seduzione. Negati i criteri hollywoodiani, la scollatura si sposta sul dorso. In vista polso e avambraccio. Colli alti e chiusi (pudore? sfida?). In rilievo l’incavo appena sotto la vita…

(nota per la lettura della collezione dagli appunti di Gianfranco Ferré)

La figura ridisegnata

Camicia in fil à fil azzurra da etoniano e gonna di vigogna grigia (ma la camicia è un enorme rettangolo, da stringere sulla schiena con la martingala o da drappeggiare con una cintura a nastro).

Giacca in flanella doppiata nei colori college – rubino, grigio, blu – e gonna di vigogna ferro (ma riscaldata da un enorme cardigan a maglia inglese).

Il paltò lungo a metà polpaccio, molle come accappatoio, senza bottoni, senza chiusura, a falde sovrapposte (ma niente colletto, solo una sciarpa di tricot e castoro da ripiegare come l’asciugamano di un pugile).

Le funzioni ritrovate

La robe manteau gessata (ma sotto il trench blu navy).

Il tubino high-society, accollatissimo davanti, scollatissimo dietro, (ma che copre il malleolo).

Il cappotto bon-ton (ma con i risvolti “paravento” in castoro).

La sera inventata

La canottiera (ma in cristalli d’oro), la giacca (ma da ufficiale di marina), i pantaloni (ma in principe di galles bordati di ottoman di seta).

Lo smoking (ma la giacca è ampissima e stondata) con la camicia (però completamente aperta sulla schiena).

Il tailleur (ma la giacca è a ruota, in grisaglia di lana, e la gonna di flanella sfiora la caviglia) con la camicia (ma di raso drappeggiato).

I colori impossibili

Blu marine fino al l’azzurro, i bianchi sfatti della gabardine tipo trench, il grigio come nuovo nero ma il taffetà doppia la niki di angora, la grisaglia è doppiata in oro, il panno è doppiato di flanella, il tessuto si raddoppia: tutto è diverso da quello che sembra. Controllare, toccare…).

I lampi di luce: tessuti lucidi vicino all’opaco, scarpe di vernice nera, una cintura lunghissima – di vernice – da annodare e lasciar libera per segnare il movimento (vedere i futuristi, Man Ray…).

“Le donne, infine, le donne, a cui basta un gesto, una linea, un’audacia nello sguardo, un movimento della persona per divenire qualcosa di affascinante”

Pierre Reverdy

da1982pe

Collezione Prêt-à-porter

La primavera, e soprattutto l’estate, invitano alla scioltezza ed al relax, ma secondo Gianfranco Ferré l’eleganza e la raffinatezza sono componenti senza stagione del vestire femminile.

E quindi essenzialità, ricerca, nella costruzione, di nuove dimensioni, amore per il dettaglio più accurato sono la matrice dalla quale scaturisce anche la nuova collezione Primavera/Estate 82.

E allora, per ottenere eleganza e raffinatezza, Gianfranco Ferré mischia i colori classici con spirito nuovo, adottando senza ritegno il blu e il bianco, accompagnati da tocchi di giallo, di rosso e di verde – i colori primari – trasformati in lucentezza dall’uso di materiali diversi; taglia i capi sottolineando le linee del corpo, crea nuovi effetti dimensionali intervenendo con particolari strutture della manica o con nuove ampiezze del pantalone, allunga la figura facendo scivolare il punto-vita, rinnova l’importanza del collo creando nuove forme con soluzioni o di assoluta rigidità o di morbida casualità; contrappone materiali diversi taffetà e camoscio, seta selvaggia e nylon, pelle laminata a crêpe di seta, organza e piquet di cotone, senza dimenticare i “classici” ottoman e gabardine di lana, popeline di cotone e lino.

Abbiamo detto eleganza e raffinatezza, aggiungiamo anche glamour: é l’”effetto parata”, che accompagna ogni proposta della collezione enfatizzato da certi particolari e suggerito dagli accessori, tra i quali spiccano le alte fasce di canneté colorato e le cinture finite da placche d’argento.

da1982ai

Collezione Prêt-à-porter

Se fosse attrice, sarebbe Barbara Sukowa. Se fosse rock-star, sarebbe Laurie Anderson. Se fosse ballerina, sarebbe Carolyn Carlson. Se fosse scrittrice, sarebbe Lilian Hellman. Se fosse innamorata, sarebbe Fanny Ardant. Una donna volitiva e indipendente. Passo sicuro, sguardo diretto. Capelli bruni, forse, e una faccia disegnata a china. Un’ironia di fondo, una voglia precisa di giocare la partita, qualunque sia, in prima persona.

Inquietante, perchè no? Ieri così decisa, probabilmente severa, in un abito nero e liscio, senza una distrazione.

Oggi, camminando, lo stesso vestito ondeggiava, svelando una ruota, una cappa improvvisa, una fila di bottoni sul dorso. Chi li allaccerà? E il mantello pesante quasi un poncho, sollevando un lembo ha incorniciato le spalle. Quale gesto è più femminile che accostarlo con le mani, indugiando nel sistemare una piega? Faites vos jeux, riprendetevi l’intelligenza sottile della scelta.

Perchè il glamour non è che l’altra faccia dell’intelligenza.

“Ogni donna è racchiusa in una danza di forme, quadrati, losanghe, rettangoli, parallelogrammi di stati d’animo e delizie siderali, armonie sottili e misteri arrendevoli. Sono fatte di luci e di spazi, labirinti e molecole intangibili che possono mutare a seconda di come le si guarda”.

Anais Nin, Il Diario

I colori: nero, una base multiforme e inquietante. Grigio e beige annebbiati, sordi, sommessi. Spot continui e rabbrividenti di rosso rubino, verde smeraldo cabochon, giallo topazio, zaffiro. Precious stones. Per affinità, più i toni si abbassano, più la forma è avvolgente e il tessuto morbido.

La linea: uno schema geometrico, ma relativo. Trasformabile intorno al corpo. Un taglio triangolare che gira sulla schiena e diventa sciarpa. Un rettangolo che si dispone in sbieco e si incrocia. Asimmetria, asimmetria. La somma dà l’equilibrio. I pantaloni a spirale si rispecchiano in un collo a roulé, il vestito fa la ruota. Le cappe girano in tondo, ma il lato diventa sciarpa, o cappuccio.

I contrasti: uno stesso colore declinato in quattro tessuti diversi, velluto, flanella, taffettà, pelle, per uno stesso capo. Il dorso morbido, movimentato da cappe e da pieghe, il davanti spoglio. Le maniche trasformiste: si aprono, ondeggiano. Perfino le toppe, i soliti classici salvagomiti, sono staccate per suggerire plasticità. I colletti, grandissimi, morbidi, spesso di pelo. Tagliati sulla schiena perchè si possano alzare fino ad avvolgere il viso.

L’effetto sera: la giacca corta, un lato nero, uno colorato. La T-shirt di georgette. La camicia da Casanova di plissé diritto o incrociato.

I tessuti: mouflon doppio, mouflon più pettinato, canvas, drapperia tradizionale, flanella, cover-coat, crêpe diagonale, nappa ultramorbida mista a suède e a cavallino, velluto, crêpon di seta, satin.

Dice Gianfranco Ferré:

“Sono andato avanti nella ricerca, pensando a cose più dolci e morbide nelle forme, nei materiali, nei colori. Cose che si trasformassero intorno al corpo, fossero docili, e si prestassero a manipolazioni personali, senza imbottiture, fodere o rigidità. Ho voluto dare alla donna la possibilità di osare e di sfidare”.

da1981pe

Collezione Prêt-à-porter

“Per la mia collezione primavera-estate ’81 ho desiderato i tessuti essenziali: un tailleur? Di gabardine oppure di popeline in alternativa al lino. Una blusa? Di garza a righe, di crêpe tutto blu, tutto bianco. Un top e una gonna per il mare? Di una fiandra di seta peso piuma.
Ho amato i colori base, eleganti così come sono da sempre: marin, bianco naturale, kaki, più il suggerimento di metterli con il marrone “roccia rossa”, con il tabacco.
Ho cercato le “costruzioni-non costruzioni”: tante pieghe piatte, tante cuciture a roulot, tante impunture d’oro o colorate, tanti girimanica tagliati come nei caffettani, tante baschine in forma e asimmetriche nelle bluse come nei blouson di pelle”.

“Mi piacerebbe che la primavera-estate ’81 segnasse per la moda l’unico riflusso possibile: recuperare la dimensione di comfort, piacevolezza, vitalità, lo scopo primo, insomma, per il quale è nato il vestito. Qualcosa che non sia uno straccio o una coperta da buttarsi addosso. Qualcosa che non faccia nascere in una donna il complesso vestito uguale “status-symbol”.
Mi è piaciuto privilegiare dei “cheek-to cheek” che nascono dalla spontaneità di una donna elegante come il caban di panno blu o bianco con le maniche appena gonfiate da sfondi piega, portato su una gonna pantaloni vagamente marocchina, ma di nappa color cuoio.
Ho voluto restituire al tailleur la pulizia delle giacche senza collo, allacciate a burberry con piatte, sottili pieghe a portafoglio: una volta nel dorso, un’altra lungo le paramonture, le tasche, gli spacchetti.
Ho desiderato i tessuti essenziali: un tailleur? Di gabardine oppure di popeline in alternativa al lino. Una blusa? Di garza a righe, di crêpe tutto blu, tutto bianco. Un top e una gonna per il mare? Di una fiandra di seta peso piuma.
Ho amato i colori base, eleganti così come sono, da sempre: marin, bianco naturale, kaki più il suggerimento di metterli con il marrone “roccia rossa”, con il tabacco.
Ho cercato le “costruzioni non costruzioni”: tante pieghe piatte, tante cuciture a roulot, tante impunture d’oro o colorate, tanti girimanica tagliati come nei ceffetani, tante baschine in forma e asimmetriche nelle bluse come nei blouson di pelle.
Ho trasformato i pantaloni: per conservarli come pezzo insostitubile del guardaroba ma levarli dal tunnel del classico, ho reinventato le braghe marocchine, sopra la caviglia, sotto il ginocchio: di folk nemmeno l’ombra.
Ho sfidato la banalità della tuta immaginandola a tagli netti e squadrati come i vestiti che si tagliano nella carta per le bambole.
Ho ceduto a un tocco di adulazione: i vestiti lunghi, di crêpe blu marin, dritti e sexy, con il trucco dell’orlo raccolto, le gambe in vista, lo scollo a punta che si apre in due lunghi revers”.

Gianfranco Ferré

da1980pe

Collezione Prêt-à-porter

Linea allungata, rigore geometrico, tagli sapienti, con uno straordinario risultato di morbidezza; colori decisi, fantasie che hanno il profumo, il sapore, i colori dei nostri giardini; capi che si indossano tutto il giorno, ed anche la sera.

E poi, anche un po’ di sogno…

Le linee: spalle arrotondate e ridotte, anche se sempre significative; maniche a kimono, ma con tagli particolari; molti colli a cardigan, molti colli classici, soprattutto nelle camicie; ampiezza ridimensionata nelle gonne, che sono assai simili per praticità e funzione ai pantaloni lunghezze ridotte.

E alla base di questi elementi della nuova collezione, le soluzioni tecniche: pinces scucite, sovrapposte, a triangolo; pannelli; sfondi piega non stirati.

I capi: cardigans e blazers, tailleurs, spolverini-chemisier, camicie e pantaloni; e il beachwear, grembiuloni, bermuda, body e costumi, accappatoi e tute.

I materiali: shantung di seta mélange impermeabile, lino a righe reso, rigatino di lana, piquet di cotone, spugna, raso di seta; filati di cotone, lino, lambswool e cachemire; suède forato, nappa unita o incredibilmente stampata.

I colori: le sfumature più tenere o più accese delle dalie, dei garofani, delle peonie, dei fiori di giugno che sono anche stampati su crêpe de chine, su popeline di cotone e su morbida nappa.

E poi, qua e là, il bianco, il nero, il blu, i classici.

Gli accessori, tutti disegnati da Gianfranco Ferré: foulards e sciarpe multicolori, dalle forme strane, distribuiti da I PARALLELI; borse a sacca floscia o divertenti grossi borsellini in pelle stampata, distribuiti da REDWALL; scarpe da crociera ed espadrillas in tela e nabuk con suola in gomma o bufalo, o colorate decolletées con tacco nervato, distribuite da GUIDO PASQUALI.