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da2006ai – Fondazione Gianfranco Ferré

da2006ai

Collezione Prêt-à-porter

“Riflettendo sui corsi e i ricorsi che governano la storia, mi ha colpito come ogni principio di secolo porti con sé un impulso singolare a ridefinire e, per così dire, a ripulire linee e fogge del vestire. Sviluppando questa intenzione, che in verità è un elemento costitutivo del mio progetto di stile, nella nuova collezione ho voluto porre un accento ancora più marcato sulla precisione e sulla purezza quasi geometrica delle forme e delle costruzioni. Perseguendo un ideale di perfezione e di distinzione che giunge a suggerire persino impressioni di regalità, severa ed aggraziata insieme, vibrante di contemporaneità. In questo orizzonte di nitore, ho concesso spazio a dichiarazioni di intenzionale opulenza, a tracce di ragionata ridondanza, comunque lievi e mai eccessive, espresse soprattutto nella sofisticata magia dei decori…”.

Gianfranco Ferré

Le logiche della precisione determinano, in primo luogo, costruzioni e proporzioni. Le gonne a trapezio, alte in vita, conferiscono alla silhouette un andamento svasato, eppure fermo, mai oscillante. I pantaloni hanno una conformazione ergonomica e scattante, particolarmente asciutta sino al ginocchio ed appena allargata più sotto, con la piega ben segnata che evoca un aplomb da uniforme. Le giacche dei tailleur da città sono minute, corte, impeccabili. Sfiorando appena la cintura, sono addolcite dalle bluse morbide e impalpabili, con la coulisse in vita e il collo alto chiuso castamente dal fiocco. Anche i cappotti da giorno sono ridotti e diritti, quasi riedizioni al futuro dei paletò infantili dei primissimi ‘900. Questa singolare pulizia formale dà risalto ai piccoli-grandi segni di ricercatezza, di enfasi, di unicità: gli alamari “Brandebourg”, gli intarsi in velluto, le martingale impunturate, le cinture incassate. E i grappoli fitti di minuscoli bottoni a boule, in metallo dorato e zapponato, che in quantità infinita accendono di bagliori smorzati giacche, cappotti, T-shirt…

L’impronta di distinzione è garantita anche dall’andamento cromatico, dichiaratamente pacato e nobile. Il nero sfuma nel marrone e nel blu più cupo e invernale. Le tonalità bisquit si alternano al bianco lana e alle nuances “kacha” più calde. Profondi e ammalianti, risaltano invece i riflessi e le sfumature delle pietre preziose: del rubino e dell’ametista, dello smeraldo indiano, dello zaffiro malese. Spezzando il predominio degli uniti, un’unica fantasia percorre l’intera collezione, diventando un leit motiv grafico e decorativo insieme: virato in bianco e nel colore del feltro, un simbolico bestiario da fiaba nordica inventa un caleidoscopio incantato, che, riprodotto su ogni materiale, crea falsi cretonne…

Rimandi tra naturalezze corpose e prodigi alchemici governano le scansioni materiche. La lana rivela le sue mille, versatili anime: dalla gabardine ai diagonali, dal faille doppio alla tela stretch, dal satin al crêpe bielastico. Stropicciato a bastone, lo chiffon disegna camicie, color avorio o inchiostro, che paiono capi d’antan riportati ad un nuovo appeal. Il cavallino oppure il cotone doppiato in duchesse di seta costruiscono i giacchini a spencer, da cadetto. I velluti da arredamento sono lavati, il visone dei trench e dei cappotti è lavato e bottalato, assumendo l’aspetto e la consistenza della ciniglia invecchiata…

La sera concilia romantiche maliziosità e austerità di vittoriana memoria. Gli abiti lasciano le spalle nude, oppure, all’opposto, hanno il collo che sale alto sin quasi a sfiorare il mento. Le gonne sono in raso o in velluto, aeree e spumeggianti, sostenute dalle sottogonne in tulle e faille. Si allungano naturalmente a terra in un accenno di strascico, che richiama alla memoria la “Princess line” di fine ‘800. Per proteggersi dal freddo, sopra gli abiti da sera si indossano cappotti tagliati come i pastrani da ussaro, in cachemire double o in velluto di seta doppiato di taffettà, anch’essi percorsi da teorie di bottoni lucenti. E con il movimento, cappotto e abito si aprono, mostrando i sandali a calzare tempestati di jais che coprono la gamba sin sotto il ginocchio. Da Venere Imperiale dell’era nuova…