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da2004ai – Fondazione Gianfranco Ferré

da2004ai

Collezione Prêt-à-porter

“Ogni parola si trasforma nel suo opposto, ogni concetto nella sua antitesi: colore-non colore, classico ma non classico. Nasce così una silhouette danzante e decisamente femminile, con spalle importanti, vita strizzata e gonne sempre ondeggianti – ma anche sempre precise al ginocchio – per scandire con un’irresistibile impronta di glamour e di eccentricità i modi e le logiche del vestire. Si percepisce, forte, una sorta di ossessione sportiva che influenza e rilegge i codici dell’eleganza urbana e vince una sensazione di freschezza anche nella stagione fredda, in cui i non-colori sono capaci di una profondità singolare: il nero assoluto e il blu d’inverno, che si accosta al verde, al petrolio, al grigio, al mattone. Con il tocco imprevisto dei fluo, delle tonalità segnaletiche ed energetiche, riservate ai dettagli e ai materiali più magici, come il coccodrillo…

Intenzionalmente, ho ripensato le tipologie classiche in modo che non risultino scontate, come le giacche, le gonne e i tailleur da città fatti di tessuti con la cimosa messa in evidenza perché diventi decoro, oppure rifiniti con il gros elasticizzato e orlato a plissé. Mentre a ciò che è prezioso, come la pelliccia o il cachemire, ho dato una connotazione marcatamente sport. Ho utilizzato il castoro naturale, l’opossum australiano, il visone biondo mélange per gilet sotto-giacca e fodere di parka iperfunzionali a prova di grande gelo. Raddoppiato e triplicato, il cachemire assume invece la compattezza e la solidità di un inedito e lussuoso feltro…

Per costruire, creare movimento, assecondare la naturale flessuosità della figura, ho prestato uguale attenzione alla consistenza e alla duttilità della materia. Ho preferito il velluto di cotone a quello di seta, perché troppo cascante. Ho impiegato tutta la gamma dei jersey opachi – corposi e scattanti allo stesso tempo – e delle tricottine elasticizzate. Ho conferito al completo blouson e pantalone, zippato e bicolore, quasi l’aderenza di una tuta da sub perché è in doppio jersey stretch, come il tailleur jogging che si porta sulla camicia a corolla, con nonchalance e snobismo. Ed è stretch anche il nylon del completo habillé con la gonna mossa e civettuola. L’Oxford delle camicie maschili serve invece per la blusa elegante, con lo jabot che altro non è se non una cravatta che può essere sbottonata e rimossa. Una serie intera di pezzi in gabardine di cotone tripla e ritorta prende origine dal tradizionale trench che si muove sul corpo per trasformarsi in tailleur, giacca, camicia, con il bavero che diventa baschina o battente della tasca, con i revers che scendono come falde, con la fodera in tela e i bordi in satin. E come sempre, la ricerca e l’invenzione sfociano nell’alchimia, nell’illusione, nell’abbaglio, per ritrovare ciò che è proibito. Nei bordi dei cappotti e nelle gonne la pelle di capra tibetana, usata a pelo contrario e con gli inserti in tulle, sembra pelliccia di scimmia. Nel tailleur il manto maculato del giaguaro è riprodotto dal cavallino dipinto a mano. Quando non è autentico, il coccodrillo – vero e proprio feticcio e leit motiv decorativo – ritorna nei ricami a scaglie in paillettes, in jais, persino in placche di pura plastica…

Per la sera ho rinunciato alle lunghezze totali. Corti e sinuosi, gli abiti hanno il corpetto ravvicinato – drappeggiato, oppure animato da sbuffi – e gli scolli a corolla; la parte inferiore è mossa invece da inserti, volute e pannelli. Il jersey stretch disegna il più elementare giacchino sfoderato, mentre nei capi più intriganti si combina al satin impunturato, al voile, al tulle, con gli intarsi in pizzo, le incrostazioni e le glitterature “alligator”. E per proteggersi, bastano dei piccoli, raffinatissimi e maliziosi coprispalle in volpe selvaggia al naturale…

Sui tacchi alti delle scarpe a punta affusolata le gambe svettano sempre. Di giorno però sono coperte e riscaldate da ghette nello stesso tessuto del cappotto, o da calzettoni che calano sin sui tacchi. Mentre di sera sono del tutto in evidenza, con il piede appena velato dalla rete o dal satin, oppure nudo e impreziosito da applicazioni-gioiello, che sprigionano bagliori, catturano lo sguardo, conquistano…”.

Gianfranco Ferré