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Collezioni —Uomo / Prêt-à-Porter

Autunno / Inverno — 1985

Cartella Stampa

“Non ho definizioni pronte, non mi sono basato su qualche suggestione … togliendo, sfrondando, eliminando sono arrivato a una linea sempre più pulita, sempre più dura, a un concetto del vestire come scelta del mettersi, non del proporsi agli altri. Ho unito con naturalezza certi pantaloni a certe giacche e a certe camicie, come se scegliessi in tutta calma da un guardaroba ben fornito. E ho segnato in maniera forte la tradizione: se ci sono dei perché, siano chiari e precisi. Se si prendono delle libertà, che non siano attenuate da compromessi. Senza insistere intorno nuove trasformazioni per il dovere di fare moda. Sono inutili dopo le esperienze sulla gestualità e sul movimento delle stagioni precedenti. Così si possono ritrovare elementi fissi, ripetuti francamente di anno in anno, ma interpretati con il gusto del momento: tessuti più consistenti, un senso reale di fisicità…”

Notare: le flanelle morbidissime, scattanti, ma sempre corpose. Il loden, trattato in modo da eliminarne l’ispidezza: per giacche, jeans, cappotti. Un grosso melton garzato, molto elastico: per niki, pullover zippati, fodere ad alta protezione. Le cuciture a riva, che escludono le doppie impunture per non appiattire e schiacciare: anche nelle tasche dei pantaloni.

“Mi sembra che ci sia una consapevolezza diversa, oggi: si accetta solo ciò che fa parte di caratteri già delineati, che non nasce per caso o finto estro, ma conta su una storia precedente. Per questo l’abito più significativo, lo stile che sento più mio, rimanda ad abitudini consolidate: completo di flanella grigia, bavero rialzato, paradossalmente invisibili la camicia e la cravatta… “

Notare: la lavorazione a filo flottato, tipica dei tessuti fine Ottocento. Gli effetti di righe, nitide o frantumate, brillanti e finissime. Il vero camoscio, macchiato, strappato, estenuato, in toni neutri. Le fodere: trapunte, o scozzesi, o di pelliccia, con colletti di lupo e di marmotta. l paltò di montone in sfumature opache, sbiadite.

“Ho seguito deliberatamente, ostinatamente, la strada della normalità, ma senza paura. Se si desiderasse l’impatto di un colore, ecco, c’è anche il colore…”

Notare: le gamme di grigi che diluiscono in azzurri insoliti, toni inglesi, punti più oscuri e decisi. Le gamme di verdi anneriti, con tocchi brillanti. Le idee per la sera: la giacca rubino con i pantaloni di velluto nero; il cardigan di cashmere e la camicia completamente ricamata; la giacca a disegni micro sopra l’oxford di seta; la giacca morbida sopra la camicia di twill bagnato a mano per renderlo più floscio, e i pantaloni di flanella.

“Non ci sono tendenze precostituite: via i giubbotti, solo paltò. Niente interi, soltanto spezzati. In questa collezione è raccolto tutto quello che serve, che dà comfort … “

Notare: i blouson sciolti, abbondanti o avvitati. Il car-coat ampio, di lunghezza giusta: cento centimetri. La giacca volutamente allentata sul torace, con dettagli sofisticati: la tasca a toppa applicata davanti per la moneta, i gettoni, un tesserino; i soffietti per muoversi con più agio. I pantaloni ben equilibrati, con le tasche doppie.

Per lo sport, un pant molto piatto, alto in vita. La maglieria a trecce piazzate, doppie, in mischia mélange. La camicia genere polo, il cardigan di doppio tricot sopra la giacca, invece del giaccone. Le camicie elementari di flanella, cashmere, seta, zephir di cotone. Volutamente nude e semplici.

“Scaletta” della conversazione con Gianfranco Ferré dell’8/1/’85″