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Collezioni —Uomo / Accessori

Primavera / Estate — 2002

Cartella Stampa

Collezione Prêt-à-porter

“Tutta la collezione dà voce a un desiderio di semplificare, di arrivare alla radice di ciò che è necessario, elementare. E insieme risponde a un desiderio di luce, di solarità che percorre il formulario conservativo del vestire maschile. Con forme vicine al corpo e dimensioni mai eccessive, colori tenui e misurati che si aggiungono alla severità del nero.

Nell’interpretare gli elementi tipici del guardaroba da uomo, ho concesso spazio a nicchie di pacatezza e naturalezza. Così, ho eliminato volutamente dal militare ogni enfasi army, preferendo esprimermi con tocchi calibrati: camicia kaki sul pantalone di bisso, pantalone extawide con il blazer di lino nei toni dell’indaco smerigliato. Oppure il blu denim per i pantaloni e qualche camicia, stupefacente perché in tussah selvaggio sdrucito e macchiato.

Segnando ogni passo con l’impronta della qualità e del lusso, ho voluto rileggere la durezza e l’energia del giubbotto da motociclista: vissuto, invecchiato, chiazzato di fango, ma preziosissimo perché realizzato in anaconda, coccodrillo, nappa, virati a sorpresa nei toni soffici del rosa, beige, cammello, grigio. Allo stesso modo, ho stemperato la rude praticità della giacca attrezzata da pilota d’auto con la seta paracadute doppiata in jersey, con la nappa ultralight accoppiata alla viscosa e alla seta. E per liberarla dalla logica della stagionalità, ho infilato la giacca di cachemire sopra la semplice T-shirt.

Ma ho anche sentito e sottolineato la volontà – meglio sarebbe dire la necessità – di una fuga colorata, da Manhattan a Hermosillo: con la camicia candida di lino tropical che sarebbe piaciuta ad Edward Weston, solcata e decorata da mille cuciture grafiche. Con il pigiama dalla giacca a guru nei colori della Sierra Madre su cui, con noncuranza, si gettano vestaglie e caftani messicani (“chapan”) a fantasie caleidoscopiche che paiono rubate ai murales di Diego Rivera.

Nel gioco tra ordine e disordine, mi sono mosso per incisi e contrappunti. All’assolutismo del pullover nero a collo alto ho reagito specularmente con la leziosità della camicia a bande di lino e organza ricamate. Al perbenismo del completo con il gilet di seta a microchecks bianchi e neri ho opposto l’eccentricità dello spolverino nelle sfumature del mastice rosato sopra l’abito negli stessi toni abbinato alla camicia nera, oppure la nonchalance con cui si porta il vestito di lino rosa. Alla pratica spontaneità delle scarpe ginniche ho accostato tinte e materie raffinate. Nella logica dei rimandi e delle allusioni, il polacchino da globe trotter, che sembra strapazzato dall’uso e dall’avventura, rivela un modo di essere, un modo elegante e appassionato di partecipare alla vita…”.

Gianfranco Ferré