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Collezioni —Donna / Prêt-à-Porter

Primavera / Estate — 1984

Cartella Stampa

“Sinuosa ma con ironia, seria ma ammiccante, un guizzo di umorismo … Mi piacerebbe dire “bentornata” a questa donna per cui ho disegnato la collezione. E’ stata mia complice nei viaggi, ha condiviso scoperte di climi e di colori, si è appassionata alle stesse avventure. E’ libera e consapevole… Indossa le forme più semplici, ma le serra strettamente sui fianchi, una fascia altissima, impunturata, che schizza la silhouette e suggerisce movimenti felini.

Sceglie la giacca maschile per una forma di sicurezza, per riconoscersi in un classico, poi la smentisce con una cravatta gigante a pois che ha la stessa funzione del top. E si diverte a mescolare le carte… Infila pullover con scollature abissali, alterna il lungo-lungo ( 80 centimetri) al lungo che copre il ginocchio… Assomiglia un po’ alla compagna di Finch-Hatton, il grande cacciatore, un pò alla protagonista di una canzone di Frank Sinatra, The lady is a tramp. Ha questo gusto vagabondo nel mescolare pezzi e objets trouvés, che ha imparato ad apprezzare in India o in Africa … Ma depurati, filtrati. In un certo senso purificati ” .

Gianfranco Ferré

Ritrovare nuovi concetti e nuove parole dell’abbigliamento.

I drappeggi.

Sono la soluzione imprevista per il colletto, ora sul dorso ora sul seno: un risvolto misteriosamente tubolare illanguidisce la forma a T, spoglia e diritta, degli abiti, mentre spesso lacci piatti, a bretella, si incrociano a grata e mimetizzano la scollatura.

Le canottiere.

Invece delle camicie, ma insolite, bizzarre. Strutturate con tagli sbiechi, fasce, pieghe, evitando l’eccesso della ricerca, del disegno per il disegno.

Il doppio.

Mai credere ai propri occhi: sotto il caban si muove liberamente una fodera di seta. Il blazer, spalle energiche, cintura-bustino, si rispecchia nella giacca ingrandita tipo spolverino. La giacca-blusa, sciolta e leggera, si infila sotto una giacca-giacca fotocopiata.

Il trench.

E’ un vestito, una cintura, una situazione: un abito di gabardine dalla gonna sagomata e sfuggente, ampi revers, e una cintura alta 15 centimetri per strizzarlo in vita.

L’argentina.

Lunga, ampia, di camoscio, con il bordo in tricot alto più di una spanna, che ripiegato mostra tinte contrastanti.

La giacca tipo Ascot.

A quadretti, in grisaglia, spina pesce, con un gilet allusivo e una gonna che sfiora la caviglia a disegni cravatta ( ma per la sera ).

Il pijama.

Languore, morbidezza, estetismo della giacca in doppio marocain bianco, della canottiera di raso, dei pantaloni molli, disegnati in vita da una fusciacca preziosissima.

La leggerezza.

Quasi un manifesto programmatico: contro tutto ciò che è rigido, pesante, sostenuto. Le garze sono aperate, lo shantung è impalpabile, la crepella di lana sottilissima ( mentre la mano, ingannevole, suggerisce corpo e sostanza ), il crêpe de chine a doppia frontura imita un effetto di righe maschili, la gabardine pesopiuma, sfoderato, è unita alla nappa setosa tipo camicia.

La Revue Nègre e una vaga allure Joséphine Baker, quando furoreggiava nel music-hall e tutta Parigi scopriva l’arte, la musica nera. Disegni bengala positivi e negativi che arrivano a declinazioni di blu impolverato, il blu che si mescola al grigio pietra e al viola. Le gamme del mastice. Il fucsia, l’arancio, il corallo nelle sfumature fredde delle sete a tintura vegetale.

” Amo la regola che corregge l’emozione”

Georges Braque