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Collezioni —Donna / Prêt-à-Porter

Autunno / Inverno — 2005

Cartella Stampa

“Mi piace raccontare la femminilità di oggi nei suoi tanti modi di essere e di atteggiarsi. Una femminilità che è raffinata e romantica, corretta da una certa severità. Senza contraddizioni, sa e vuole essere anche sportiva, in una scelta di comfort che arriva sino a un consapevole anticonformismo. Ho cercato e trovato questa femminilità, affascinante e speciale, nelle note struggenti di una melodia, nei versi puri di una lirica, nelle immagini di una città pulsante, in orizzonti che sembrano non avere fine…”

Gianfranco Ferré

La severità è riassunta dal tailleur pantalone da città in lana blu gessata: asciutto e preciso, ma con le spalle oversize e il collo in pelliccia di capibara, si porta sulla camicia a jabot, bianca o pervinca, che ritorna in tutta la collezione e in mille abbinamenti differenti. Oppure è espressa dalla gonna diritta al ginocchio, in grisaglia grigia, che finisce con una piccola balza e, a sorpresa, si combina con il blouson decisamente esagerato nelle proporzioni, in cover d’antan pesante, guarnito da un grandioso collo in guanaco naturale: una sorta di rivisitazione glamour dei mantelli che si indossavano un tempo per cavalcare nella pampa…

Ma la severità convive con l’incanto e l’originalità, acquista slancio, risuona di vibrazioni sensuali. Senza perdere l’aplomb sartoriale, il tailleur, di tessuto ma anche di pelle, si anima di impunture quasi arabescate. La gonna, allungandosi, diventa anche più ampia: ha la baschina un po’ scesa sui fianchi, raggiunge il polpaccio, si apre a ruota ondeggiando con il passo, che è elastico ma ben saldo, perché il piede è protetto dallo stivale che ricorda le “botas de potro” dei gauchos, in suede leggerissima e incolore, oppure in cuoio istoriato e borchiato con il tacco a zeppa. Se arriva al suolo, la gonna è in faille di seta cangiante, fatta di balze fitte di plissé: con il movimento sembra danzare, creando un fruscio irresistibile, più seducente di una milonga…

Anche proteggersi dal freddo diventa un’affermazione di opulenza, un esercizio di alchimia. Nei cappotti e nei mantelli l’opossum si mescola alla volpe e al breitschwanz, il bouclé è doppiato di astrakan, il visone rasato diventa leggero e morbido come il velluto, il montone a peso piuma è reso ancora più lieve e magico dalle devorazioni damascate a laser. Broccato e lana shetland si accoppiano nei piumini trapunti e sontuosi, che la naturalezza di una T-shirt grigia e di un jeans riporta alla normalità, anche se sono tempestati di cristalli che risplendono come le stelle nel cielo terso della Patagonia…

In inedite assonanze con il tweed e con un velluto incredibilmente cangiante e ricco di riflessi, il broccato esplode in tutto il suo fulgore privilegiando le sfumature più profonde e intense: marrone caffè, rosso vinaccia, verde cupo, blu notte e blu inchiostro, qualche volta rischiarate da lampi di arancio o di rosso vivo. Per dare vita a gonne ricamate, decorate, arricchite da applicazioni, che si portano con la blusa essenziale e sono fermate in vita dalla cintura-bustier in cuoio impunturato, chiusa da lacci intrecciati che si allungano oscillanti. Sotto l’orlo spunta la forma affusolata della scarpa da tango in raso, con la punta di struzzo, i listini incrociati sul davanti, il tacco a coda di rondine. E il ticchettio, lieve e tentatore, si allontana nella notte porteña, lungo i marciapiedi di Corrientes, per inseguire l’echeggiare di una canzone…

“En la musica estàn, en el cordaje

De la guitarra trabajosa

Que trama en la milonga venturosa

La fiesta y la inocencia del coraje ».

Jorge Luis Borges, « El Tango »