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Collezioni —Donna / Prêt-à-Porter

Autunno / Inverno — 1995

Cartella Stampa

“Concentrazione, concisione… Nella babele delle voci, nel turbinio dei segni, bisogna compiere un passo deciso, netto. Semplificare le forme, rispondendo ad un’esigenza che è mentale prima che estetica.

Depurare le fogge, ma senza togliere la dolcezza del sogno, dell’immaginario, della fantasia… Per questo ho voluto separare chiaramente il guardaroba della quotidianità da quello per il piacere. Di giorno abiti svelti, perfettamente consapevoli delle regole dell’efficienza; di sera vestiti per amarsi, per sedurre, più scoperti, con precisi connotati di malizia e di gioco … Che torni a parlare il vestito, io dico, con tutti i rischi che questo comporta: il vestito per ciò che vale, per il design, per la qualità, per la sua necessità … “

Gianfranco Ferré

Il formulario della quotidianità.

Nel colore più elementare e meno compiaciuto, più forte e puro, il bianco, una serie di capi in lana elastica o iperbattuta, feltro, mohair garzatissimo, che permette una svasatura controllata di caban e giacconi. Tocchi di nero, come negativi fotografici, per sottolineare la profondità di certe materie: per esempio, la pelle.

Nuova allure del tailleur, che riduce le proporzioni, diventa più minuto grazie ai tessuti fortemente elasticizzati e alla sottigliezza del taglio. Spalle naturali, che costruiscono giacche aderenti al corpo. Crêpe doppi e tripli senza fodera, lavorati a double; tricot stretch e spesso come un groviglio di materia.

In una mischia di sintetico e autentico, la vera falsa pelliccia diventa scialle, caban, cappotto. Può essere nera e di aspetto ispido, quasi arma da difesa, ma soffice al tatto per l’intervento sofisticato della tecnologia.

La necessità dei colori fortissimi, quasi segnaletici, per i caban di lana: all’interno candidi piumini, resi anatomici dalle imbottiture diverse che seguono la struttura del corpo.

Maglia a pezzi, maglia inventata. Maglia che copre il corpo come un guanto, applicata su una base di tulle elastico, aderente. Con bagliori di pelle nuda e trasparenze improvvise. Tricot di tipo norvegese, da alta montagna, tenuti insieme e rafforzati da nastri sottili di raso.

Commistioni magistrali, effetti arditi: nylon mescolato a finta pelliccia, lapin che sembra cincillà.

Cappotto di stagione: il trench dalla foggia sottile, appiccicato alla figura, nei colori del rigore maschile – blu, cammello, nero e bianco – o nei tessuti dall’opulenza femminile: doppia seta lucidata, doppio moiré cangiante.

Leggerissime, le camicie bianche di organza, scolpite addosso, hanno la consistenza di un velo. Le maniche, a nervature sottili, accarezzano il braccio. Il colletto piccolissimo è sorretto e sagomato da altre nervature.

Scarpe affinate e affilate, anche quando la suola è di para spessa. Cinture sottilissime, strisce che sottolineano appena la figura.

Vestirsi per piacere.

Se di giorno la silhouette si ferma al ginocchio o è sottolineata dai pantaloni, di sera conosce la libertà assoluta: vestito-pullover completato solo da un paio di calze opache; vestito lungo; vestito lunghissimo.

Lo smoking, uniforme sicura, dà vita agli abiti di gros-grain molto scollati e fermati dalla cintura, con i regolamentari bordi di raso.

Tuniche di tulle e velluto di un marrone denso, quasi nero, con scie improvvise di nudo.

Misteriosa alchimia minerale, brillantezza di quarzo e carbone, ricami irregolari di polvere e scaglie su ciniglia e tulle per vestiti o corpini.

Splendore della pioggia e lucentezza dell’acqua, nei lunghi abiti di mohair tubico dalle sobrie tonalità maschili: blu, verde, marrone.

La magia dei fili di metallo, dentro i quali restano impigliate cascate di corallini, e dei setacci risplendenti di polvere d’argento, per le tuniche a guanto ricamate su rete piccolissima.

Vestiti sorprendenti: davanti sottili, con la gonna a vita alta appena svasata e la camicia di velluto. Dietro, grandi fazzoletti di tulle. Tulle bianco, tulle nero.